Warren Buffett: parlare ai figli dei soldi

FONTE: Wall Street Italia

DATA: 31 luglio 2019

Warren Buffett: questo l’errore più grande dei genitori quando parlano di soldi ai propri figli

Un investitore nato Warren Buffett, il CEO di Berkshire Hathaway già a sei anni mostrò di avere la stoffa da imprenditore acquistando una confezione da sei bottiglie di Coke per 25 centesimi e rivendendo ogni lattina per un nichelino. “Mio padre è stata la mia più grande ispirazione”, ha detto Buffett in un’intervista alla CNBC nel 2013.

Da lui ho imparato fin da piccolo quanto sia importante tenere buone abitudini. Il risparmio è stata una lezione importante che mi ha insegnato”.

Ma quale secondo Buffett è il più grande errore che i genitori fanno quando insegnano ai loro figli a gestire i soldi? Aspettare troppo assicura l’oracolo di Ohama.

A volte i genitori aspettano che i loro figli siano adolescenti prima di iniziare a parlare loro di gestione del denaro, quando potrebbero iniziare a farlo quando i loro figli sono in età prescolare”.

Il tempo è un fattore chiave secondo Buffett e si dovrebbe iniziare a parlare ai propri figli di soldi fin già dalla scuola materna. A sostenere la tesi di Buffett uno studio dell’Università di Cambridge secondo cui i bambini sono già in grado di comprendere i concetti monetari di base tra i 3 e i 4 anni. E dall’età di 7 anni, i concetti di base relativi ai comportamenti finanziari futuri in genere si sono sviluppati. Un altro studio del 2018 di T. Rowe Price ha fatto emergere che solo il 4% dei genitori ha detto di aver iniziato a discutere di argomenti finanziari con i propri figli prima dei 5 anni. Il 30% ha iniziato a istruire i propri figli sui soldi all’età di 15 anni o più, mentre il 14% ha detto di non averlo mai fatto.

I consigli di Buffett per educare i propri figli al risparmio

Nel 2011, Buffett ha contribuito al lancio di una serie animata per bambini chiamata “Secret Millionaire’s Club”. Ventisei episodi ognuno dei quali affronta una lezione finanziaria, da come funziona una carta di credito al perché è importante tenere traccia di dove si mettono i soldi. Ecco alcune lezioni della serie e alcuni consigli di Buffett sull’educazione finanziaria da insegnare e ai vostri figli:

  1. Essere un pensatore flessibile: incoraggiate i vostri figli a non arrendersi solo perché qualcosa non funziona la prima volta. La capacità di pensare in modo creativo e fuori dagli schemi sarà utile quando si imbatteranno in future sfide finanziarie. Un’idea può essere sfidare i vostri figli a trovare nuovi usi per i vecchi oggetti della casa (ad esempio, i tappi delle bottiglie possono fungere da pezzi a scacchiera, una scatola di cereali vuota può essere trasformata in porta riviste). Questo aiuterà a insegnare loro a pensare in modo critico, a risparmiare denaro e ad aiutare l’ambiente allo stesso tempo.

  2. Iniziare a risparmiare denaro: per aiutare i vostri figli ad imparare a gestire i loro soldi, è importante per loro capire la differenza tra desideri e bisogni. Un’idea di attività può essere quella di dare a ciascuno dei vostri figli due barattoli di denaro: uno per risparmiare e uno per spendere. Ogni volta che ricevono dei soldi (ad esempio, come regalo o come ricompensa per aver portato a spasso il cane del vicino di casa), parlategli di come vogliono dividere il denaro tra risparmio e spesa.
    Chiedete ai vostri figli di fare una lista o creare un collage da foto di riviste di cinque o dieci cose che vorrebbero acquistare. Poi, guardate ogni elemento con loro e segnate con lui se si tratta di un desiderio o un bisogno (ad esempio, un nuovo giocattolo è un bisogno, mentre un nuovo zaino è un bisogno).

  3. Come distinguere tra prezzo e valore: l’idea alla base di questa lezione è di aiutare i bambini a capire i diversi modi in cui gli inserzionisti ci portano ad acquistare i loro servizi o prodotti. Un’idea di attività in questo caso è fare una lista degli articoli di cui hai bisogno al supermercato, e poi controllare volantini, giornali e siti web.

  4. Come prendere le giuste decisioni: la chiave per prendere decisioni intelligenti è pensare a come le diverse scelte possono influire sui risultati futuri. L’idea di attività in tal senso è parlare con i vostri figli delle vostre decisioni man mano che le prendete, così come di qualsiasi effetto domino che potrebbero avere.
    Per esempio: “Vogliamo comprare un nuovo televisore, ma il nostro condizionatore è rotto e dobbiamo risparmiare per poterlo riparare. Se non lo facciamo, farà troppo caldo in casa quando arriva l’estate. Quando ripareremo il condizionatore, allora possiamo pensare di comprare la TV”.

Si parla molto e si comunica poco. Che fare se i figli «non ascoltano»

FONTE: Corriere della Sera

AUTORE: Marta Ghezzi

DATA: 16 maggio 2014

Le parole che educano sono poche. L’errore più frequente? Mortificare 
Per educare non è sufficiente parlare, serve l’esempio e la regola

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La frase è nota. Un refrain comune a nove genitori su dieci: «Mio figlio non mi ascolta». Il ragazzo con le orecchie sigillate ha, in genere, un’età in zona adolescenza, ma con sempre più frequenza il «disturbo» colpisce, stranamente, anche la prima infanzia. Non c’è tono, pacato, normale, stridulo, acuto, imperioso, che riesca a raggiungere, e superare, la barriera del timpano filiale. È una cosa che diverte molto il pedagogista Daniele Novara. Nel suo simpatico accento emiliano ricorda a mamme e papà che: 
A. l’idea non ha base scientifica. 
B. al contrario, i bambini sono normalmente portati ad ascoltare i genitori.
La prova? Il bilinguismo. Se in casa si parlano lingue diverse, i piccoli le acquisiscono prestando attenzione alle parole dei genitori. 

Novara sa, però, che il tema comunicazione con i figli è un terreno minato. Delicatissimo. In queste settimane riparte un nuovo ciclo di incontri della Scuola Genitori, ideato dal CPP, Centro PsicoPedagogico per l’Educazione e la Gestione dei Conflitti e sponsorizzato da Doremi Baby, e l’esperto ha deciso portare in cattedra l’argomento. «Farsi ascoltare! Come comunicare efficacemente con i figli» è il tema del suo intervento del 7 aprile alla Sala Provincia, via Corridoni 16 a Milano.

Perché i figli «non ascoltano»? 
«È un problema di natura educativa. I genitori di oggi hanno un modello educativo tipo peluche: morbido, compiacente, servizievole. Così si è creato l’equivoco che per educare sia sufficiente parlare. Un errore serio, perché l’educazione è esattamente il contrario: non si insegna con l’eccesso verbale, tipico delle nuove generazioni, ma con l’esempio e la regola. I problemi sorgono se si sostituisce una buona e chiara organizzazione educativa con le parole». 

Come parlare ai figli? 
«Quando sono piccoli, in modo chiaro e semplice. Se gli si chiede di fare una cosa o gli si affida un compito bisogna evitare la comunicazione ridondante, ricca di dettagli. Gratifica molto il genitore ma crea confusione nel figlio. Viceversa, quando sono adolescenti, bisogna imparare a tenersi a distanza. Dosare le parole per evitare il conflitto, per non farsi trascinare nella bagarre emotiva». 

Le parole dei figli possono essere taglienti. O accendere campanelli d’allarme. Come valutarle?
«Mai prendere troppo alla lettera quello che dicono i figli. Fino ai dieci anni il bambino ha una propensione al pensiero magico. Frasi preoccupanti come “a scuola mi rubano le matite” o “non mi regali mai niente” indicano un’autoreferenzialità che ha ancora caratteristiche magiche. Se ci si attiene solo al senso, si rischia di incagliarsi. L’adolescente, invece, parla spinto dall’enfasi emotiva, per svincolarsi dal controllo genitoriale. Quindi esagera ed esplode con frasi come “se non mi lasci uscire te la faccio pagare”. Il consiglio, quindi, è di ascoltare e cercare di capire cosa si nasconde dietro a una comunicazione magica o enfatica». 

Quale è l’errore più comune che blocca la comunicazione con i figli?
«Mai mortificare. Frasi, purtroppo frequenti, come “sei sempre il solito”,’“non capisci niente”,”non mi posso proprio fidare” sono deleterie. Minano l’autostima e hanno implicazioni negative sulla relazione genitori-figli. Non si arriva al rispetto delle regole con urla e sgridate». 

Per non essere soffocanti e rigidi si sceglie la carta dell’amicizia. Mossa giusta o sbagliata?
«Un clima amichevole in famiglia è piacevole. Ma attenzione: mamme e papà devono accettare la privacy dei figli e il fatto che è giusto che i ragazzi non dicano tutto. Oggi c’è questa nuova genitorialità-online, che permette di seguire, controllare, spiare. Non va bene: si alimenta una morbosità sbagliata, la pretesa di essere i migliori confidenti dei figli è un errore». 

Che fare quando si è esasperati e prossimi a “esplodere”? 
«Sono sempre molto scettico riguardo alle punizioni. Regole chiare e semplici sono lo strumento più efficace per arrivare a un buon livello di comunicazione. Se serve una pausa, penso sia utile provare con la tattica del silenzio attivo. Esplicitato. Di brevissima durata per i piccoli, quattro-cinque minuti al massimo durante i quali i genitori non parlano. Più lungo, ma mai eccessivo, se si tratta di adolescenti fino ai 15-16 anni».