FONTI VARIE
AUTORE: Pietro Bordo
DATA: qualche anno fa
Chi ha in mente alcune pubblicità natalizie faticherà a credere che Babbo Natale, il povero personaggio polare, era cristiano, anzi era addirittura un vescovo; e gliene è rimasta traccia nel nome scandinavo di Santa Claus (contrazione di Sanctus Nicolaus).
San Nicola, infatti, era presule di Mira (oggi Demre, in Turchia) all’inizio del IV secolo e il suo culto fu popolarissimo per tutto il Medioevo, sia in Oriente che in Occidente.
In mancanza di particolari storici sulla sua vita, furono numerose le leggende che gli attribuivano addirittura la resurrezione di morti e altri miracoli, una turbolenta partecipazione al concilio di Nicea e naturalmente il fatto generoso che fu poi all'origine del suo mito postumo: prima ancora di essere vescovo, il giovane e ricco Nicola una notte avrebbe gettato delle monete d’oro nella casa di tre ragazze, che a causa della loro povertà avevano deciso dì seguire una cattiva strada.
E il gesto cristiano, compiuto furtivamente (secondo i racconti il malloppo fu buttato attraverso la finestra o addirittura giù dal camino), è lo spunto della successiva tradizione dei doni natalizi ai bambini. Già verso la fine del XII secolo a Parigi ogni 6 dicembre uno studente travestito da San Nicola distribuiva doni agli orfani e ai figli dei poveri.
Che Santa Claus sia non solo cristianissimo, ma anche beato, del resto lo testimonia pure la circostanza che ancor’oggi in alcuni paesi (per esempio il Tirolo cattolico o certe zone della Francia) per la sua festa liturgica (il 6 dicembre) San Nicola percorra le strade di città e villaggi vestito dei paramenti sacri, con mitra e pastorale, donando dolciumi ai bambini, esattamente come il suo demonizzato alter ego Babbo Natale.
Non solo: le vesti rosse e bordate di pelliccia, nonché la barba e il cappuccio del noto personaggio natalizio non sarebbero altro che la diretta discendenza del piviale purpureo, della mitra e della fluente canizie dell’originale, l’antico presule turco.
Altro trasparente indizio del cristianesimo (anzi: cattolicesimo) di Santa Claus viene per paradosso dalla trasformazione che della sua diffusissima figura fecero per un verso i protestanti e per l'altro, l'accostamento non ha alcuna malizia, i comunisti.
I primi subito dopo la Riforma, e in opposizione al culto dei santi, soppressero la devozione natalizia di San Nicola e tentarono di sostituirlo con figure più «laiche»: per esempio, in Germania il Weihnachtsmann ("l'uomo della Notte Santa”); in Finlandia il capo degli elfi dei boschi, Joulupukin; in Norvegia Julenissen.
Anzi, a ben vedere, fu proprio Martin Lutero nel 1535 a far spostare la consuetudine dei doni familiari dal 6 al 25 dicembre, da San Nicola a Gesù Bambino. Quest’ultimo, inteso come «portatore di doni», è dunque forse più "protestante" del povero Santa Claus.
Comunque non dappertutto si smarrì la memoria del santo vescovo Nicola, che proprio allora cominciò a camuffarsi anche nel nome per rendere meno trasparenti le sue reali origine religiose.
Accadde anche nell'Urss dopo la Rivoluzione d'ottobre. Coerentemente con la loro ideologia, i bolscevichi si adoperarono infatti per scalzare la fortissima devozione degli ortodossi per San Nicola contrapponendogli il pagano Nonno Gelo: un vecchietto vestito d'azzurro ripescato da un'antica leggenda e senza alcun richiamo religioso.
Purtroppo nel frattempo Santa Claus era emigrato in America e là nel secolo scorso aveva acquistato le renne volanti, la slitta magica e soprattutto le note prerogative commerciali e consumistiche (non bisogna dimenticare che il rosso personaggio è stato il testimonial privilegiato della Coca Cola).
Di lì, appesantito da tanto fardello, nel secondo dopoguerra il Vescovo, ormai secolarizzato, è tornato a colonizzare 1’Europa. Ma ormai i cristiani non lo riconoscevano più e lo hanno abbandonato al folklore interessato dei grandi magazzini.
Tuttavia qualcosa delle sue radici cristiane potrebbe essere rimasto impigliato in quella barba tradizionalmente tempestata di ghiaccioli o nei risvolti del cappuccio.
La stessa idea del dono natalizio, per esempio, sarebbe teologicamente corretta e profondamente evangelica. Non solo per il precedente dell’oro, incenso e mirra presentati a Betlemme dai Re Magi, ma anche perché a Natale il mondo riceve da Dio il "regalo" inestimabile di suo Figlio.
Insomma, come non è affatto vero che la tradizione dell’albero di Natale sia di origine «pagana" (perché invece discende dalle sacre rappresentazioni medioevali in cui alla pianta del peccato originale veniva contrapposto l’albero salvifico della Croce), potrebbe darsi che, invece di demonizzarlo, contrapponendolo tout court all’”ortodossia” di Gesù Bambino, sia più utile strappare a Santa Claus la maschera del consumismo per cercare dì recuperarne il nucleo cristiano.