Quale attività sportiva scegliere per i figli?

FONTE: Corriere della Sera

AUTORE: Chiara Daina

DATA: 11 settembre 2024

Quali sono gli sport più indicati a seconda dell'età, quanto tempo dedicare, come organizzare le giornate tra studio e svago. I consigli dell'esperta

Ricominciato l'anno scolastico tante famiglie si stanno per cimentare con la scelta dell’attività sportiva a cui iscrivere i figli. «Educare sin da piccoli i bambini ad avere uno stile di vita attivo significa promuovere il loro benessere fisico e mentale e prevenire in adolescenza e da adulti chili in eccesso, obesità e altre patologie croniche come diabete e disturbi cardiovascolari» sottolinea Giulia Cafiero, medico del servizio di medicina dello sport dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma. Qualsiasi tipo di attività va bene purché bambini e ragazzi non restino sedentari e non siano lasciati davanti agli schermi per troppo tempo durante il giorno. «Non è necessario frequentare un corso presso un centro sportivo, fare movimento vuol dire anche giocare al parco, fare delle partite a calcio, basket o pallavolo con gli amici, andare a scuola in bicicletta o a piedi. L’importante è che tutti i giorni bambini e adolescenti pratichino attività fisica» puntualizza la dottoressa.

La sedentarietà tra i più giovani nel nostro Paese è una brutta piaga. Secondo il sistema di sorveglianza Passi dell’Istituto superiore di sanitàtra i bambini di 8-9 anni quasi due su dieci sono in sovrappeso e circa uno su dieci è obeso. Una prevalenza tra le più alte in Europa. Il ministero della Salute nelle linee d’indirizzo sull’attività fisica raccomanda: almeno tre ore al giorno di movimento spontaneo ai bambini di età compresa tra 1 e 2 anni (il che vuol dire non lasciarli seduti sul passeggino e farli giocare liberamente nello spazio); idem a quelli di 3-4 anni, ma per almeno un’ora dovrebbero avere la possibilità di compiere attività motoria più energica, come correre, saltare, salire e scendere dallo scivolo; e, dai 5 ai 17 anni, una media di 60 minuti di attività fisica quotidiana di intensità moderata-vigorosa, con esercizi di rafforzamento muscolare almeno tre volte a settimana. La dottoressa Cafiero, specialista in medicina dello sport, descrive per ciascuna fascia di età quali sono le attività sportive più indicate.

In età prescolare

«I bambini piccoli hanno ancora difficoltà di coordinazione motoria e non riescono a svolgere gesti tecnici. Fino a 4-5 anni l’attività fisica va proposta sotto forma di gioco. Per aiutarli ad acquisire consapevolezza del proprio corpo nello spazio e le abilità motorie di base si può iscriverli a corsi propedeutici di atletica, danza o nuoto. Possono, per esempio, imparare a fare le bolle sott’acqua e a stare a galla, a saltare piccoli ostacoli, fare le capriole».

Da 5 a 11 anni

«Crescendo il bambino ha innanzitutto bisogno di strutturare il movimento. Molti genitori sono convinti che non appena il figlio inizia la scuola elementare vada iscritto a uno sport di squadra per imparare a relazionarsi con i coetanei. In realtà, è meglio che il bambino prima rafforzi le sue capacità motorie attraverso esercizi individuali, praticati comunque insieme a un gruppo di coetanei. È importante che impari a lanciare e calciare correttamente la palla, a correre, a camminare con andature diverse, a saltare. Solo se è in grado di coordinare bene i movimenti dei vari distretti corporei, mantenendo l’equilibrio, riuscirà a passare la palla al compagno e a coordinare le azioni con il resto della squadra. Fino agli 8 anni si consiglia, quindi, di iscriverlo a corsi sportivi di gruppo che diano una preparazione fisica completa per aumentare agilità e reattività. Vanno bene attività come atletica leggera, ginnastica artistica e ritmica, danza, arti marziali, nuoto, pattinaggio, anche il tennis, lo scherma e la scuola calcio, a patto che i corsi prevedano esercizi di consolidamento dei singoli movimenti e non si concentrino solo sull’affinamento del gesto tecnico richiesto dalla specifica disciplina. Una volta acquisiti i movimenti di base il bambino sarà pronto ad affrontare uno sport di squadra: dalla pallavolo al basket e al calcio, o attività più impegnative come l’equitazione e il canottaggio».

Quale attività scegliere

«Quella che più piace e incuriosisce il bambino, tenendo conto dell’offerta di infrastrutture sportive nella propria città. Va trovato un compromesso tra gli interessi del figlio e la facilità di raggiungimento della struttura, altrimenti se gli orari sono poco compatibili con gli impegni della famiglia e il centro è troppo lontano, nel giro di pochi mesi si abbandona l’attività per troppo stress».

A quanti corsi iscrivere il figlio?

«Se il bambino dorme e mangia in modo adeguato, ha le energie sufficienti per dedicarsi a più attività contemporaneamente e sostenere allenamenti quotidiani. Si consiglia al massimo la frequentazione di due discipline sportive diverse per consentire al bambino di coltivare anche altri interessi, come un corso di musica, fumetto, teatro o lingua straniera. Le attività extrascolastiche non sottraggono tempo allo studio, ma anzi favoriscono una migliore organizzazione del tempo, una concentrazione maggiore nei compiti e una più alta resa scolastica».

Cosa fare se il bambino vuole interrompere l’attività?

«Se ovviamente non subentrano esigenze o difficoltà incompatibili con la frequentazione dell’attività, bisogna incentivare il bambino a concludere il corso, ormai pagato, perché la passione potrebbe svilupparsi anche dopo qualche mese e serve un po’ di tempo per acquisire con scioltezza il gesto tecnico. Quando il bambino impara a muoversi meglio, ottiene più soddisfazione dall’allenamento e si diverte di più».

In adolescenza

«C’è un grande problema di drop out sportivo (cioè di abbandono, ndr) nel passaggio dall’infanzia all’adolescenza. Per evitare che il ragazzo smetta di fare sport è importante che venga incoraggiato a praticare un’attività di suo interesse e che non venga forzato a fare quello che piace soltanto ai genitori. Inoltre, per stare in movimento l’adolescente non deve necessariamente iscriversi a un corso in palestra o a un centro sportivo. Può svolgere attività fisica liberamente, andando in bicicletta, sullo skateboard, correndo, nuotando, giocando a calcio, tennis o padel con gli amici, ricordandosi di fare esercizio fisico per almeno un’ora tutti i giorni».

Perché è importante fare sport a tutte le età?

«L’attività motoria eseguita con regolarità fin da quando si è bambini previene sovrappeso e obesità e riduce i fattori di rischio delle malattie croniche, da quelle cardiovascolari e metaboliche al cancro, in età adulta. Anche un bambino o ragazzo magro ma sedentario, rispetto ai coetanei attivi, avrà sempre una probabilità maggiore di ammalarsi in futuro. Lo sport, inoltre, migliora l’umore, poiché comporta il rilascio di vari ormoni, tra cui endorfine, serotonina e dopamina, che funzionano da antidepressivi naturali. E aumenta l’autostima: superare i limiti e raggiungere obiettivi a livello sportivo aiuta ad avere fiducia in se stessi e a essere più performanti in classe. L’attività sportiva, non da ultimo, insegna al rispetto delle regole e del prossimo e ad avere costanza per conquistare nuovi traguardi».

Bambini e ragazzi con malattie croniche

Anche il minore affetto da patologie croniche, come cardiopatia, diabete, asma, deve essere spronato a fare esercizio fisico. «In generale - sottolinea la dottoressa Cafiero - non ci sono controindicazioni all’attività motoria. Ci deve essere l’autorizzazione da parte del medico specialista che lo ha in cura per la patologia, che può eventualmente valutare di modificare la terapia a seconda dello sforzo fisico richiesto. Poi il pediatra o ancora meglio il medico di medicina dello sport potranno indicare l’attività fisica più adatta alle sue condizioni. Il movimento è una medicina anche per i malati cronici, poiché previene le complicanze e aiuta a tenere sotto controllo i sintomi» conclude la dottoressa del Bambino Gesù.

Il certificato di idoneità sportiva

Per praticare una qualsiasi attività sportiva (presso un centro di una società o associazione dilettantistica affiliata alla Federazione sportiva nazionale o a un ente di promozione sportiva) è sempre necessario presentare un certificato di idoneità sportiva non agonistica, rilasciato dal medico o pediatra di famiglia, dagli specialisti di medicina dello sport o quelli tesserati alla Federazione medico sportiva italiana, dopo una visita e l’esecuzione di un’elettrocardiogramma a riposo. Mentre per chi fa sport a livello agonistico è obbligatorio il certificato medico per il tipo di attività agonistica scelta, che può essere richiesto solo ai medici specialisti in medicina dello sport (presso i servizi di medicina dello sport dell’Asl o ambulatori privati autorizzati). Per valutare l’idoneità alla disciplina, l’atleta verrà sottoposto a una serie di accertamenti cardio-respiratori e ad altri controlli medici in base alla specifica attività che dovrà svolgere.

Sport e disabilità

Lo sport può essere d’aiuto a tutti, inclusi i bambini e i ragazzi con disabilità motoria, intellettiva e comportamentale, che devono essere esortati a svolgere attività fisica al pari degli altri. «La famiglia può mettersi in contatto con una delle sedi territoriali del Centro sportivo italiano o del Comitato italiano paralimpico, per una valutazione clinica delle capacità motorie del bambino e individuare la disciplina sportiva adattata più idonea. Lo stesso servizio viene offerto anche dall’unità di neuroriabilitazione e attività sportiva adattata del Bambino Gesù di Roma - spiega Gessica Della Bella, responsabile del servizio dell’ospedale romano -. Tra gli sport adattati più comuni ci sono: il tiro con l’arco, il tennis da tavolo, il basket in carrozzina e il baskin (la versione con persone normodotate, ndr), il ciclismo, l’handbike e il nuoto. Ai bambini con disabilità comportamentale, affetti per esempio da un disturbo dello spettro autistico, potranno essere consigliati la corsa, il nuoto, l’equitazione, il surf, lo scherma per migliorare il loro benessere psicofisico».

Come scegliere lo sport giusto

FONTE: Corriere della Sera

AUTORE: Elena Meli

DATA: 19 settembre 2016

I più piccoli vanno spronati a camminare: via il passeggino dai tre anni. Ma lo sport non sostituisce il movimento quotidiano. Gli sport di squadra meglio dai 6-7 anni

sport

Settembre è il momento in cui anche i giovanissimi, oltre a tornare a scuola, riprendono a praticare un po’ di sport. Come scegliere l’attività giusta a seconda delle diverse età? «Prima di tutto i genitori devono sapere che esiste una differenza fra l’attività fisica generica e lo sport organizzato: la prima è fondamentale tanto quanto una dieta corretta e va incentivata nella vita quotidiana, promuovendo uno stile di vita «in movimento» — risponde Gianni Bona, vicepresidente della Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale —. Quando i piccoli iniziano a camminare occorre spronarli a farlo e dai tre anni il passeggino non va più usato; è bene abituare i bimbi ad andare a scuola a piedi fin dalla materna e intorno ai quattro o cinque anni, quando imparano ad andare in bici, sfruttare ogni occasione per utilizzare le due ruote. Poi, crescendo, si dovrà fare in modo di spostarsi il più possibile a piedi o in bicicletta perché nella routine giornaliera ci sia sempre una buona dose di moto.

Nuotare fa davvero bene a (quasi) tutti

I benefici del nuoto

Lo sport come un gioco: come sceglierlo

Solo dopo si può pensare allo sport, inteso come attività organizzata che integra ma non sostituisce il movimento quotidiano: non va bene, in altri termini, pensare di aver risolto la quota di esercizio fisico con due o tre ore di sport a settimana se per il resto del tempo il bimbo resta seduto». Prima dei quattro anni è impossibile parlare di un vero sport, fra i quattro e i sei, sette anni si possono pensare attività individuali perché il bimbo non è ancora pronto agli sport di squadra. «Più tardi, intorno ai sette, otto anni si può scegliere uno sport più specifico e l’ideale sarebbe favorire le attività che vengono “naturali”, come il nuoto o il calcio. È importante che il bambino viva lo sport come un gioco, esasperare la dimensione agonistica nell’infanzia rischia di portare al rifiuto dello sport — sottolinea Bona —. L’agonismo andrebbe spostato più avanti possibile così come gli sport molto specifici, per esempio perché sono asimmetrici, richiedono competenze di equilibrio o altro: per capire se lo sport che vorremmo far provare a nostro figlio sia adatto alla sua età si possono consultare le tabelle del CONI, che indicano l’età più opportuna per iniziare ogni disciplina». «Una visita da uno specialista in medicina dello sport può essere utile per indirizzare le scelte tenendo conto delle caratteristiche di ciascun bimbo — aggiunge Maurizio Casasco, presidente della Federazione Medico Sportiva Italiana —. Valutando eventuali problemi ortopedici, endocrini, cardiologici potrà essere indicata la disciplina con minori rischi e maggiori vantaggi».

 

Per gli asmatici

Quali controlli prima di iniziare? «L’elettrocardiogramma viene imposto se si fa attività agonistica ma è utile per riconoscere solo una minima parte di disturbi cardiaci — risponde Bona —. Basta però una visita pediatrica approfondita per certificare il buono stato di salute e valutare patologie specifiche da segnalare alla società sportiva». L’asma che colpisce dal 5 al 10 per cento dei bimbi, è fra i problemi più diffusi ma, al contrario di quanto temono molti genitori, lo sport non fa affatto male, anzi fa decisamente bene, come ha appena segnalato la Società Italiana di Allergologia e Immunologia Pediatrica. «La sedentarietà è un rischio per i piccoli asmatici, che possono praticare quasi tutte le attività e non solo il nuoto come pensano molti», sottolinea Marzia Duse, presidente SIAIP. Ancora più diffusi e da “curare”, proprio con lo sport, il sovrappeso e l’obesità, come spiega Bona: «In questi casi è essenziale aumentare l’attività fisica quotidiana e consigliare sport adatti: il nuoto per esempio va benissimo, perché in acqua si annulla il fattore deleterio del peso in eccesso».

Come scegliere lo sport per i bambini

FONTE: Corriere della Sera

AUTORE: Antonella Sparvoli

DATA: 7 giugno 2017 

Tra le buone abitudini da instaurare sin dalla più tenera età c’è l’attività fisica e sportiva, che porta benefici immediati e nel futuro. Fare sport fa bene al corpo e alla mente del bambino, ma non deve essere un’attività esclusiva. Il gioco libero durante l’infanzia è altrettanto importante. Non ha senso poi fare due ore di ginnastica alla settimana se per il resto del tempo si sta seduti in poltrona a giocare ai videogiochi. Ecco come scegliere al meglio evitando qualche rischio.

1.

I vantaggi psicologici-educativi

Lo sport è un elemento fondamentale per il sano sviluppo dei bambini, così come il gioco libero, con cui va sempre alternato. Fare sport sin da piccoli permette di acquisire un bagaglio di esperienze motorie prezioso per tutta la vita. Questi i principali vantaggi: - valore formativo: permette di prendere coscienza delle proprie capacità e limiti. Stimola il bambino a impegnarsi per ottenere risultati e a riconoscere e rispettare le regole; - strumento di crescita: la pratica dello sport favorisce l’autostima e un adeguato concetto di sé, attraverso la conoscenza e il confronto. Incoraggia la responsabilità nei confronti del gruppo; - comportamento e personalità: favorisce un buon controllo emotivo, l’adattabilità e una maggiore tolleranza alle frustrazioni. Migliora la capacità di socializzazione e offre la possibilità di esprimersi, rilassarsi, scaricare le tensioni.

LEGGI LE ALTRE  SCHEDE  SUL  CORRIERE (CLIK)

2

I vantaggi fisici

3

I rischi dell’agonismo precoce

4

Come e quando

5

I pregi di alcuni sport comuni - Atletica leggera

6

Arti marziali

7

Ginnastica

8

Nuoto

9

Basket

10

Calcio

 

L’«etichetta» che protegge i bambini davanti alla tv

FONTE: Corriere della Sera

AUTORE: Renato Franco

DATA: 19 gennaio 2013

Un sito aiuta i genitori a capire se programmi o film sono adatti: sei criteri stabiliscono l'età consigliata per la visione

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Aiutare i genitori a valutare i film al cinema, le serie tv e l'entertainment che si «consuma» in casa. È l'obiettivo di movieforkids.it , il sito che si mette dalla parte dei genitori per capire che cosa far vedere ai figli. Movieforkids.it propone un'«etichetta» utile per comprendere a colpo d'occhio quali sono i contenuti di un film o un cartone animato. Grazie a Movie Eco (acronimo che sta per Età consigliata), è stato messo a punto un criterio di valutazione in sei parametri: violenza, paura, volgarità, sesso (con un livello a crescere che va da 0 a 5), età consigliata e fattore Artax. L'età consigliata «assegna» un'età minima per la visione del film secondo le fasce: 3+ (tre anni o più), 7+, 12+. Questi criteri sono stati in parte mutuati dal sistema di classificazione Pegi (Pan-european game information-Informazioni paneuropee sui giochi) che è quello utilizzato per i videogiochi e rappresenta un'indicazione affidabile sull'adeguatezza del contenuto del gioco in termini di protezione dei minori.

Per rendere ancora più minuziosa la classificazione, movieforkids.it ha ideato con una pedagogista un ulteriore criterio chiamato fattore Artax (dal nome del cavallo della Storia infinita ) che dà un voto al livello di «drammaticità»: una scala numerica da 0 a 5 che indica quanto il senso del dramma è presente nel film. Quanto, insomma, il film è in grado di proporre anche temi seri, riflessioni, suggerimenti, emozioni e quindi riesce a essere qualcosa che va oltre il semplice intrattenimento. 
«C'è un'esigenza reale da parte dei genitori più attenti di capire cosa far guardare ai propri figli - spiega Vito Sinopoli, presidente di Editoriale Duesse che oltre a movieforkids.it pubblica anche le riviste di settore Best Movie e BoxOffice -. Le recensioni sono fatte solo da giornalisti che si occupano di cinema e che hanno figli, e raccontano anche la reazione dei bambini durante la visione di un film o un cartone animato al cinema o in dvd. Siamo appena partiti e, senza campagna pubblicitaria, prevediamo di arrivare per marzo a 100 mila utenti. Il 30% del nostro traffico arriva da Facebook, dunque grazie al passaparola virtuale, significa che le persone si segnalano movieforkids come strumento utile per orientarsi». Così Frankenweenie , il film in stop motion di Tim Burton, in cui la storia di Frankenstein viene cucita su un cane, è consigliato a bambini over 7 anni: violenza 2, paura 3, volgarità 1, sesso 0, fattore Artax 4, mentre un vecchio cartone animato come l' Uomo Tigre pur molto datato (è del 1969) viene considerato adatto a un pubblico di ragazzi over 12 perché realisticamente violento: violenza 4, paura 3, volgarità 1, sesso 1, fattore Artax 4.

Tutti matti per gli scacchi

FONTE: Corriere della Sera

AUTORE: Giorgio Fontana

DATA: 18 agosto 2015

Tutti matti per gli scacchi

Fanno bene (ai genitori)

Gli scacchi affinano il pensiero, sviluppano la concentrazione. E sono poco impegnativi per chi deve assistere alle partite dei figli

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Da ragazzino partecipai a qualche torneo di scacchi: ricordo bene la mia disperazione dopo una sconfitta - ma mio padre ricorda meglio il mio sguardo feroce e ciò che gli dissi prima di lanciare un attacco vincente: «Adesso gli salto al collo, a quello lì». Già. Gli scacchi conservano qualcosa che trascende il mero gioco: una volontà irriducibile di sopraffare l’avversario.
In un divertente articolo pubblicato sul Financial Times , Matthew Engel vede proprio negli scacchi lo sport ideale cui incoraggiare i figli, dal punto di vista dei genitori: combina costi e rischi bassissimi (difficilmente ci si sloga un polso muovendo un alfiere) con la libertà per padri e madri di non dover assistere alle partite (i litigi furibondi fra parenti, un classico del calcio giovanile, non son diffusi).
Di più: gli scacchi aiutano lo sviluppo della concentrazione, affinano il pensiero per immagini, ed educano alla responsabilità - sulle sessantaquattro caselle la fortuna praticamente non esiste, vittoria e sconfitta dipendono unicamente dalla qualità delle mosse. Anche per questi motivi, lo scorso febbraio il Parlamento spagnolo ne ha introdotto lo studio in diversi percorsi scolastici.
Ma c’è una ragione se Duchamp lo definiva uno sport violento - e se il Grande Maestro Nigel Short ha rincarato la dose dicendo che per questa attività «devi essere pronto a uccidere». La solitudine, l’astrazione e la mancanza dell’elemento corporale possono logorare i nervi di chiunque: e il genitore che vede il figlio tranquillo e assorto di fronte alla scacchiera non dovrebbe dimenticarlo. Nella sua introduzione a La psicologia del giocatore di scacchi di Reuben Fine, Giuseppe Pontiggia scriveva di questo gioco: «mobile e inafferrabile, esso elude tutti i tentativi di chiuderlo in quella gabbia, in cui finisce con l’aggirarsi il giocatore». Nel tesserne l’elogio, vorrei ricordare l’ossessione che lo anima: la lotta per dominarla, del resto, è parte del suo fascino.