“Non date zucchero ai vostri bambini”: vietati fino ai 2 anni dolci e bibite gasate”

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AUTORE: ELENA DUSI

DATA: 23 agosto 2016

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Le nuove linee guida "contro" lo zucchero arrivano dagli Usa. Obiettivo: combattere l'obesità e tutelare la salute di arterie e cuore

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ROMA. Infanzia e dolcezza, è tempo di scindere il connubio. In un’epoca di obesità dilagante, ai genitori oggi si consiglia di non dare zucchero ai bambini. Il bando è totale fino ai due anni di età. E anche dopo, fino a 18 anni, non bisognerebbe superare i 25 grammi al giorno: 6 cucchiaini scarsi. La direttiva arriva dall’American Heart Association, secondo la quale non è mai troppo presto per iniziare a combattere i chili di troppo, con i rischi correlati di ammalarsi di diabete, veder proliferare i grassi nel sangue e — da grandi — compromettere la salute di arterie e cuore.

 

Privare i bambini dei dolci può sembrare una misura crudele. Ma da qualche anno ormai le autorità sanitarie nel mondo sottolineano la pericolosità dello zucchero che viene aggiunto ai cibi, soprattutto biscotti, merendine e bibite gasate (una lattina ne contiene anche nove cucchiaini, fino a un paio si possono nascondere nello yogurt, circa quattro nei cereali della colazione). L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) l’anno scorso aveva rivisto le sue linee guida, raccomandando agli adulti di non superare i 50 grammi (10 cucchiaini da tè) al giorno. Subito è stata imitata dalla Food and Drug Administration americana, che ha sforbiciato anche le sue indicazioni. La scorsa settimana, infine, la Gran Bretagna ha introdotto una tassa sulle bibite zuccherate, che entrerà in vigore nel 2018 con la promessa che gli introiti saranno usati per costruire strutture sportive o promuovere stili di vita salutari. Prima di Londra, anche Messico, Francia, Belgio e paesi scandinavi avevano intrapreso la strada fiscale per ridurre il consumo di dolci. In Italia la proposta fu sollevata nel 2012, ma senza approdare a nulla.

 

Frutta e latte, dove gli zuccheri sono presenti naturalmente, sono invece esclusi dal bando. Per quanto riguarda almeno la prima, anzi, il suo consumo viene sempre consigliato. «Nel budget delle calorie che un bambino dovrebbe assumere — spiega Miriam Vos, la pediatra e nutrizionista della Emory University che ha coordinato lo studio dell’American Heart Association pubblicato oggi su Circulation — non c’è molto spazio per quel cibo-spazzatura in cui buona parte degli zuccheri aggiunti si annidano». L’accusa che i medici muovono a bevande e merendine è infatti quella di contenere “calorie vuote”, non associate cioè ad altri nutrienti benefici per l’organismo come proteine, carboidrati, vitamine, calcio.

 

«I bambini che mangiano molti prodotti zuccherati — spiega ancora la Vos — tendono a trascurare i cibi salutari come frutta, verdura, cereali integrali e derivati del latte, che fanno bene alla loro salute». Poiché i primi anni danno forma al gusto anche per il resto della vita, abituarsi fin da piccolissimi a sapori dolci renderà difficile, una volta cresciuti, “liberarsi dal vizio”.

 

Che ai troppi zuccheri nell’infanzia vada messo un argine, d’altra parte, è quanto conferma un’indagine europea chiamata Idefics e pubblicata nel 2015. Lungi dal fermarsi ai 25 grammi al giorno, i bambini italiani fra 2 e 9 anni raggiungono quota 87 grammi (pur sempre sotto la media europea di 97), pari a una quindicina di cucchiaini e al 20% del fabbisogno di calorie giornaliere. Secondo le indicazioni dei cardiologi americani, invece, non bisognerebbe superare il 5-10%. Quattro ragazzi su dieci fra 8 e 9 anni — ha confermato l’anno scorso lo studio OKkio alla Salute dell’Istituto Superiore di Sanità — bevono almeno una bibita zuccherata al giorno, mentre uno su due si tiene alla larga dalla dolcezza naturale della frutta.

Che cosa deve mangiare chi pratica sport?

FONTE: Corriere della Sera

AUTORE: Antonella Sparvoli

DATA: 11 maggio 2018

Tra i fattori che influenzano la prestazione, oltre alla genetica e all’allenamento, c’è la nutrizione, il cui scopo è di fornire all’organismo energia chimica e materiale plastico per ottimizzare il rendimento dei vari organi e apparati. Una corretta alimentazione per uno sportivo non si discosta, nelle sue linee essenziali, dalla dieta ottimale per ogni persona. L’importante è rapportarla sempre agli sforzi fisici da sostenere.

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Gli obiettivi principali

Nella persona che fa sport l’alimentazione serve a:
1) mantenere una corretta composizione corporea;
2) massimizzare e mantenere le scorte di glicogeno, che funge da riserva energetica di zuccheri (carboidrati);
3) mantenere e ottimizzare l’idratazione e il bilancio elettrolitico (sali minerali);
4) favorire la sintesi delle proteine;
5) garantire un efficiente e puntuale recupero.

PUOI LEGGERE LE ALTRE SCHEDE SUL CORRIERE

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Carboidrati: 55-65% del totale delle calorie

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Proteine: 15-25% delle calorie

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Grassi: 15-20% delle calorie

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Vitamine e sali minerali

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Come mangiare durante l’allenamento

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Come mangiare prima e dopo una gara

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Idratazione

Cosa deve mangiare un calciatore e quanto prima della partita

FONTE: Corriere della Sera

AUTORE: Riccardo Renzi

DATA: 23 marzo 2017

I medici della Serie B hanno pubblicato una Guida Nutrizionale per i giocatori che li aiuti quando i match sono in orario pasti: tutti i consigli sui cibi e le tempistiche giuste

Lo «spezzatino»

Tecnici e allenatori si lamentano da tempo peraltro del cosiddetto “spezzatino” delle partite di campionato, giocate anche a quattro orari diversi, che costringono a riprogrammare continuamenti i tempi di allenamenti e pasti. Non ci preoccupa troppo la salute dei calciatori professionisti, seguiti da staff di medici e nutrizionisti che sanno il fatto loro. Più delicato è il discorso dei milioni di calciatori dilettanti, dai ragazzi dei centri sportivi e delle scuole calcio agli appassionati dei tornei amatoriali, abituati da sempre allo “spezzatino” degli orari: i ragazzi che giocano o si allenano nel primo pomeriggio dopo la scuola o più tardi, prima di cena, o gli adulti che indossano le scarpette alle ore più astruse, compatibili con la loro attività.

 

Il manuale del pasto per il calciatore

Come si preparano a giocare dal punto di vista dell’alimentazione? Ad aiutarli ci ha pensato la serie B, o meglio la Commissione medico-scientifica (unica fra tutte le leghe) della Lega Nazionale Professionisti B, pubblicando una “Guida nutrizionale” che si rivolge a tutti i praticanti del calcio, non solo ai professionisti. È una dieta del calciatore, un manualetto chiaro e divulgativo che non può trasformare nessuno in un Ronaldo, ma certamente aiuta a evitare che lo stomaco diventi protagonista in campo, che i muscoli si blocchino per i crampi e che l’allenatore vi cacci per la lentezza di riflessi e la pesantezza della corsa, causate da un pasto non idoneo. E permette soprattutto di godere appieno dei benefici di una sana attività sportiva. «Abbiamo ritenuto utile riempire un vuoto, quello dell’informazione scientifica sulla nutrizione connessa all’attività sportiva in generale e al calcio in particolare – dice Francesco Braconaro, che è presidente della commissione e responsabile sanitario della serie B- . A scuola, anche quando si fa educazione alimentare, mancano informazioni relative alle diete dello sportivo. Tutti poi lanciano allarmi sull’aumento dell’obesità infantile in Italia, problema che si può affrontare soltanto combinando un’alimentazione equilibrata con l’attività sportiva. Ed è quindi importante affrontare insieme i due temi».

 

Non solo cosa, anche quando mangiare

«Nel calcio in generale non si sta molto attenti all’alimentazione, è vissuto come un gioco, almeno fino a quando non si entra in una struttura professionistica – dice Loredana Torrisi, dietista del dipartimento di Medicina del C.O.N.I, e principale compilatrice delle guida - . I ragazzi non sanno che cosa è meglio mangiare e soprattutto quando. Molto spesso si inseguono leggende metropolitane più che vere norme dietetiche: un tempo per esempio c’era il mito della carne come “benzina” del calciatore, poi si è passati ai carboidrati (soprattutto la pasta) come vero toccasana, abolendo del tutto carne e proteine. Poi sono arrivate le energy e le sport drink, che possono essere utili ma vanno usate nel modo giusto. Insomma, abbiamo cercato di fare ordine in tutto questo».

 

Nutrirsi 2-3 ore prima di giocare

La nuova “Guida nutrizionale” si basa su alcune indicazioni molto semplici, le regole del pallone d’oro: i cinque pasti giornalieri (compreso lo spuntino di metà mattina), con particolare attenzione alla prima colazione, che può essere ricca di zuccheri o anche di proteine (uova, formaggi freschi) e in generale un equilibrio nutrizionale basato sull’ormai classica piramide alimentare mediterranea (50-55% di carboidrati semplici o complessi, 20% di proteine, 25-30% di grassi). Acqua sempre, poca per volta, alcol neanche parlarne, bevande non troppo zuccherate. Regole che devono poi essere declinate a seconda del sesso (ci sono anche le calciatrici), dell’età e naturalmente dell’intensità dell’attività sportiva. E soprattutto, ed è questa la parte più originale e pratica della guida, a seconda dei tempi, come cioè distribuire il giusto apporto energetico in relazione all’orario della partita, che comporta inevitabilmente uno spostamento dei diversi componenti nutrizionali e obbliga in molti casi a saltare uno dei pasti prescritti. Caposaldo dell’orologio biologico del calciatore è la regola che impone che l’ultimo pasto importante prima della partita debba avvenire 2-3 ore prima di scendere in campo. Nel tempo di attesa bere acqua e bevande a bassa concentrazione di zuccheri, al massimo qualche cracker o biscotto secco se si avverte sensazione di fame.

 

Come reintegrare dopo lo sforzo

Dopo la partita entro mezz’ora frutta fresca e secca, succhi di frutta, bevande sportive, cracker, anche latte o gelati. Ma nel pasto precedente e , attenzione, anche in quello seguente, niente cibi troppo grassi, fritti, sughi elaborati. L’altro punto fermo è naturalmente la pasta, che il calcio italiano ha vittoriosamente esportato in tutto il mondo e che costituisce il piatto forte prima (sempre due-tre ore) della partita, anche quando l’incontro è a mezzogiorno, se vi sentite di farvi un piatto di spaghetti alle 10 del mattino. Si parla ovviamente di una pasta leggera, al pomodoro e basilico, niente amatriciane o carbonare, accompagnata da dolci da forno (niente tiramisù). E la carne, quando introdurla? E i formaggi? Dipende appunto dagli orari. La guida propone, a seconda dell’ora del fischio d’inizio, veri e propri menu per tutta la giornata, partendo anzi dalla sera prima. Così come analizza analiticamente l’uso delle bevande “sportive”, che sono di diversi tipi, e la questione cruciale dei tempi di digestione dei vari cibi. Molta informazione insomma, pratica e scientifica nello stesso tempo. «Abbiamo cercato di traferire – spiega Braconaro – dall’esperienza del mondo professionista un modello che possa essere utile alla complessa realtà del mondo giovanile e del mondo sportivo amatoriale». Non solo per gli emuli di Messi e Icardi, quindi. E chissà che anche Sarri non ne possa trarre qualche spunto.

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Calciatori e alimentazione: schemi dietetici in relazione all’orario di inizio della partita

 PER SCARICARE LA GUIDA NUTRIZIONALE DEI MEDICI DELLA SERIE B

http://www.legab.it/fileadmin/user_upload/pdf/guida_nutrizionale_ok.pdf

 

 

Come far mangiare le verdure ai bambini

FONTE: Corriere della Sera

AUTORE: Laura Cuppini

DATA: 1 febbraio 2017

Strategie (più o meno assurde)
per far mangiare le verdure ai bambini

Molti genitori devono affrontare il rifiuto dei figli di fronte ai vegetali: c’è chi li nasconde dentro alimenti più graditi e chi minaccia terribili punizioni. Ma sono tutte strade destinate a fallire. Le uniche “armi” davvero efficaci sono in realtà le più semplici: coinvolgere i bambini nella preparazione del pasto, dare il buon esempio mangiando verdure in prima persona, ricordarsi che ognuno ha i suoi gusti ma anche che le abitudini alimentari si formano nei primi mesi di vita e dunque le scelte di mamma e papà sono decisive.

Bambini «corrotti» col denaro

C’è chi nasconde le verdure dentro bocconi di altro cibo, chi costringe i figli a restare seduti finché il piatto non è perfettamente pulito, chi minaccia punizioni o promette regali. Probabilmente ognuno di noi conosce genitori “disperati” per il rifiuto del pargolo a mangiare qualunque alimento di colore verde (o comunque di origine vegetale). Una teoria recente ha lanciato l’idea di aprire un conto corrente bancario in cui vengono versati dei soldi ogni volta che il piccolo mangia un piatto di spinaci o il minestrone. I benefici di questa “corruzione” si vedrebbero, secondo uno studio americano, per alcuni mesi anche dopo il termine dei versamenti sul conto. E l’obiettivo finale sarebbe quello di accompagnare il figlio, a suon di omaggi monetari, fino all’età in cui può rendersi conto da solo che mangiare sano è importante per stare bene (e dunque, in teoria, a quel punto lo farebbe anche senza incentivi). Un articolo sulla Cnn fa notare che qualunque corrispettivo, in denaro e non, è assolutamente lontano dal raggiungere lo scopo finale, che è - o dovrebbe essere - far sì che i bambini abbiano un buon rapporto con il cibo, soprattutto quello salutare. Con frasi come «se non mangi la verdura non avrai il dolce», si sottintende che mangiare i vegetali è una specie di “tortura” per arrivare al cibo davvero desiderabile, ovvero il dessert. E allora, che fare?

 

LE ALTRE Strategie (più o meno assurde) per far mangiare le verdure ai bambini  POTRETE LEGGERLE CLICCANDO SUL LINK (SOPRA) CHE VI PORTERà SUL SITO DEL CORRIRE

 

 

Tre regole per la corretta alimentazione dei bambini

FONTE: Corriere della Sera

AUTORE: Maurizio Tucci

DATA: 10 maggio 2013 

Varietà dei cibi, evitare gli spuntini tra un pasto e l'altro e proporre pasti equilibrati, senza sovralimentare i piccoli

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MILANO - In un momento storico in cui sovrappeso e obesità infantile sono, in Italia, un fenomeno che ha assunto le caratteristiche di una vera e propria epidemia, rispetto delle regole, varietà ed equilibrio sono le tre linee guida indicate ai genitori da Andrea Vania, presidente dell’ECOG (European Childhood Obesity Group), intervenuto al 69esimo Congresso Nazionale della Società Italiana di Pediatria che in corso a Bologna. «Rispetto delle regole - spiega l’esperto - nel senso che devono essere i genitori e non i figli a decidere cosa mangiare, mentre oggi assistiamo sempre di più a una sorta di dannosissimo menu a la carte proposto ai bambini, anche piccoli, per assecondare le loro voglie e i loro desideri alimentari. Invece, i bambini devono abituarsi a mangiare quello che i genitori ritengono opportuno che si mangi, in base a scelte operate con criteri diversi rispetto al solo "mi piace - non mi piace". Varietà, perché uno degli elementi essenziali di una buona dieta, in particolare per un soggetto in età evolutiva, è proprio il non fossilizzarsi su un numero ristretto di alimenti, anche se scelti secondo criteri nutrizionalmente ineccepibili. Equilibrio, infine, perché oggi è molto diffusa la tendenza da parte dei genitori a sovralimentare i bambini anche quando è del tutto evidente che non ce n’è alcun bisogno».

Ma come mai ancora sopravvive nei genitori questa mania di rimpinzare i figli oltre misura?
«Da un lato - spiega Vania - c’è sempre l’insano confronto con l’amichetto o l’amichetta che mangia di più, senza tener presente che il fabbisogno nutrizionale è assolutamente individuale; dall’altro lato, a volte è vero che molti bambini, ai pasti, rifiutano la "porzione" anche se è quantitativamente corretta, ma questo è spesso frutto del fatto che hanno mangiato disordinatamente tra un pasto e l’altro e che arrivano a tavola senza più appetito. Anche evitare questa cattiva abitudine fa parte di quel rispetto delle regole che invoco e che prescinde dal tipo di alimenti. Intendo dire che se tra un pasto e l’altro, invece di merendine e dolciumi, si mangia ogni ora una mela, ugualmente non è un fatto positivo, perché una corretta alimentazione significa un mix corretto tra alimenti, quantità e tempi».

Altra tendenza alimentare è quella del biologico. Bio è buono?
«Innanzitutto - precisa Vania - è bene essere consapevoli di cosa significa biologico: prodotto agroalimentare realizzato con un utilizzo nullo o bassissimo di additivi chimici e utilizzando tecniche rispettose degli equilibri e dei ritmi naturali. Per capirci, un carciofo prodotto in serra senza additivi chimici non è un vero prodotto biologico. Il prodotto biologico dovrebbe avere una totale tracciabilità e rintracciabilità su luoghi, metodi, componenti utilizzati, filiera del trasporto. Ad oggi, seppure la legislazione che regola tutto questo ambito esista, l’applicazione delle norme e il controllo è ancora molto vaga con un’eccezione per le carni, che sono certamente più controllate. Fatta questa doverosa premessa - continua Vania - un prodotto biologico è certamente più sano: basti solo pensare che la "durata" di un alimento ottenuto attraverso coltivazioni biologiche è minore e quindi deve essere necessariamente consumato più fresco, il che preserva maggiormente le qualità organolettiche e nutrizionali».

Naturalmente questo ha un costo che viene mediamente stimato tra il 50 e il 100% in più rispetto all’omologo non biologico. Anche senza entrare nel merito, sia pure molto importante, se questo incremento di costi sia equo o speculativo, la domanda che ci si pone, specie in un momento di grande difficoltà economica per le famiglie, è capire quanto sia importante per il benessere dei propri figli questo innegabile sacrificio economico.
«Anche se non ci fosse alcuna barriera economica - premette il presidente ECOG - la produzione biologica potrebbe coprire solo una piccolissima parte della domanda. Avere un’alimentazione totalmente biologica è quindi pressoché impossibile, per cui: niente fanatismi. Sul rapporto costi/benefici per quanto concerne, in generale, l’alimentazione dell’infanzia, specie in una situazione economica molto pregiudicata, ciò che in coscienza mi sento di dire è che, in assenza di latte materno, anticipare l’introduzione del latte vaccino nella dieta di un lattante togliendogli prematuramente i latti per l’infanzia (certamente più costosi) procura un danno al bambino. Potergli offrire una mela biologica è un regalo in più che gli si fa. Partendo da questi parametri, ogni famiglia sarà poi in grado di fare ciò che ragionevolmente può permettersi».

Meno sale contro l’obesità infantile

FONTE: Corriere della Sera

AUTORE: Mia Mantovani

DATA: 5 agosto 2013

Chi eccede tende a esagerare anche con le bevande caloriche. Prima dei due anni il sale andrebbe escluso dall'alimentazione
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MILANO - Abituate i bambini a una dieta poco ricca di sale. Questo alimento non solo alza la pressione, ma favorisce anche lo sviluppo dell'obesità infantile. Lo dimostra uno studio australiano condotto presso la Deakin University e pubblicato suPediatrics. I ricercatori, osservando il comportamento di 4.283 bambini tra i 2 e i 16 anni, hanno visto che maggiore è il consumo di sale e più è alto quello di bibite zuccherate, succhi di frutta, acque aromatizzate ed energy drink. La predilezione per il gusto salato si accompagnerebbe, quindi, a comportamenti alimentari poco corretti, con un più elevato rischio di diventare obesi.

LA RICERCA - «I risultati sono interessanti ma non conclusivi», commenta Claudio Maffeis, professore associato di pediatria all'Università di Verona ed esperto in nutrizione infantile. «La dieta dei bambini che hanno partecipato all'indagine è stata valutata due volte tra febbraio e agosto 2007: inizialmente con un colloquio faccia a faccia, poi con un'intervista telefonica. In queste occasioni è stato indagato il loro comportamento alimentare nelle 24 ore precedenti, ma senza che quanto riferito sull’assunzione di liquidi, cosa di per sé non facile, fosse alla fine verificato con metodi più accurati. Un aspetto che va tenuto in conto».

OBESITÀ IN ITALIA - L'indagine mette in relazione l'eccessivo consumo di sale fin da piccoli con la nascita di abitudini alimentari scorrette e il rischio di sviluppare obesità. Un fenomeno ben conosciuto anche in Italia. Nel nostro Paese si contano, infatti, un milione di bambini in sovrappeso, di cui 400 mila obesi. Una situazione a cui è necessario porre rimedio visti anche i problemi di salute connessi: malattie metaboliche come diabete, ipertensione e arteriosclerosi che possono insorgere ancor prima dell’età adulta.

EDUCAZIONE AL GUSTO - In funzione preventiva, è importante abituare i bambini a un'alimentazione equilibrata dalla prima infanzia, il che significa anche non eccedere con il sale per non favorire consuetudini dietetiche sbagliate. «I piccoli non dovrebbero vederlo per i primi 12 mesi, come suggerito dai pediatri. Talora, invece, finisce nelle loro pappe già durante lo svezzamento», dice Claudio Maffeis. Nei primi anni è molto importante educare i bambini al gusto dei diversi cibi, limitando sia quelli troppo dolci sia quelli eccessivamente salati. E qui giocano un ruolo determinante i genitori che devono dare il buon esempio e prestare attenzione a ciò che portano in tavola.

MODERAZIONE E VARIETÀ - L'importante è non abbondare con le porzioni, variare il menù e tener conto dell'apporto calorico di alimenti e bevande per assicurare ai bambini una dieta equilibrata, senza eccessi né carenze. «Ovviamente è meglio l'acqua delle bibite zuccherate e frutta e verdura dei cibi grassi, ma questo non significa demonizzare particolari alimenti», precisa l'esperto. «Le proibizioni non funzionano». Le bevande caloriche possono essere offerte eccezionalmente, basta che non diventino la regola e non si sostituiscano all'acqua. Lo stesso vale per i cibi dolci: non bisogna esagerare.

BANDO AI FUORIPASTO - Troppi snack a distanza di poco tempo sono del tutto sconsigliati. Creano disordine nella dieta del bambino. La sua giornata dev'essere scandita da cinque pasti principali: colazione, spuntino, pranzo, merenda e cena. «La colazione va fatta possibilmente insieme ai familiari e senza fretta», dice l'esperto. «Il consiglio è di puntare la sveglia un po' prima la mattina e abituare il piccolo ad andare a letto presto la sera». Per quanto riguarda lo spuntino e la merenda, «l'importante è che contengano una buona quota di carboidrati, che, tra l’altro, aiutano a tenere sveglia l'attenzione. La frutta è sempre l'ideale, ma può essere alternata con crackers, fette biscottate, una fettina di torta fatta in casa o una merendina leggera non farcita».

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RACCOMANDAZIONI SIP - La Società Italiana di Pediatria ha ribadito recentemente le indicazioni per prevenire sovrappeso e obesità nei bambini: il consiglio è di allattarli esclusivamente al seno fino ai sei mesi, non eccedere con le proteine nei primi ventiquattro e sottoporli a visite periodiche dal pediatra per controllarne l'accrescimento. E ancora: bandire la tivù per i primi due anni, imporre un limite di un paio d'ore giornaliere successivamente e, dai cinque anni, assicurare loro almeno 60 minuti al giorno di attività fisica.

 

Bambini, i trucchi per farli mangiare sano

FONTE: Corriere della Sera

AUTORE: Elena Meli

DATA: 3 gennaio 2014

I bimbi hanno gusti difficili: come convincerli a mangiare le verdure e a non rimpinzarsi di schifezze? Il decalogo dei pediatri americani

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Una lotta. Senza mezzi termini, spesso è proprio una vera battaglia quella che si combatte attorno al tavolo da pranzo quando in casa ci sono bambini: difficile convincerli a mangiare frutta e verdura, complicato far capire loro le poche, basilari regole del mangiar sano. Come far capitolare di fronte a insalata e carote anche il più schizzinoso dei pargoli? I pediatri americani hanno appena stilato un decalogo, a detta loro infallibile, pubblicato sul sito dell’American Heart Association: non è un caso, perché un bimbo che non impara a nutrirsi in modo corretto può diventare un adulto con uno stile di vita sbagliato, che più facilmente andrà incontro a problemi di salute.

REGOLE - Quali sono allora le regole d’oro per non cedere le armi quando alla sera, stanchi dopo una giornata di lavoro, l’ultima cosa di cui si avrebbe voglia è lottare perché i nostri figli mangino un po’ di verdura? La prima “legge” è introdurre cibi sani all’interno di piatti che il bimbo già conosce e apprezza: se ad esempio il piccolo mangia con gusto il risotto lo si può arricchire con pezzettini di verdura, se le patate al forno sono gradite si possono aggiungere nella teglia bocconcini di pomodoro o altri vegetali. Poi, può essere una buona idea coinvolgere i bambini il più possibile nella preparazione dei pasti, fin dall’acquisto degli ingredienti: se infatti sanno di aver dato un contributo ai piatti proveranno ad assaggiarli più volentieri. Terza e semplice regola, non acquistare i cibi che non vorremmo far mangiare ai bambini: se in casa non ci sono sacchetti di patatine, merendine, bevande zuccherate i figli inevitabilmente dovranno farne a meno. «In caso di fame, se proprio non riescono ad aspettare di arrivare al pasto, mangeranno quello che c’è: una carota, una mela. Un’altra buona regola è proprio quella di lasciare a disposizione dei bambini, in casa, cibo che possono mangiucchiare liberamente: ai piccoli piacciono gli snack, basta far sì che ne abbiano sotto mano soltanto di salutari», raccomandano gli esperti.

TRUCCHI - Un altro “trucco” per dare ai figli buone regole di alimentazione è stabilire orari precisi per i pasti e attenervisi: «I bambini amano la routine - spiegano gli statunitensi -. Se imparano che possono avere il cibo solo in determinati orari e non al di fuori dei pasti e delle merende, sarà più facile evitare che si abituino a introdurre calorie di troppo in modo incontrollato durante l’arco della giornata». È buona norma, quindi, aggiungere colore al piatto: mangiare verdure di diversi colori aiuta infatti a fare il pieno di nutrienti essenziali e può essere insegnato come un “gioco” ai più piccolini (con i grandicelli già abituati a schifare insalata, carote e pomodori, invece, è un trucco destinato al fallimento). «Un’altra buona regola è non esagerare nel salutismo a tutti i costi: un po’ di gelato o dei biscotti non fanno male - avvertono gli esperti -. Eliminare tutte le golosità può essere controproducente: alla prima occasione in cui potrà mangiare ciò che a casa gli viene proibito, il bambino quasi certamente tenderà a esagerare. Bisogna insegnare ai figli la moderazione, spiegando che anche un cibo non proprio sanissimo può essere parte della dieta, sporadicamente». Il decalogo prosegue ricordando che è bene non mangiare mai davanti alla televisione perché i bimbi, distratti dalle immagini, non si rendono bene conto se sono sazi o meno e finiscono per mangiare più del dovuto. Inoltre, sì a porzioni adeguate e no alla regola del “piatto pulito” per cui i bambini devono finire tutto ciò che è stato loro servito: mangiare anche quando non si ha più fame è uno dei motivi principali per cui si introducono troppe calorie e i bimbi, se non li forziamo, sanno invece capire assai bene quando sono sazi. «Infine, la regola più importante: i genitori devono essere un buon esempio per i loro figli, perché questi imparano per imitazione. Non ci si può aspettare che un bambino mangi l’insalata se noi siamo i primi a non toccarla», concludono gli esperti.