Per i figli altro che punizioni. Meglio gli elogi (e gli abbracci)

FONTE: Corriere della Sera

AUTORE: Giulia Ziino

 

DATA: 27 dicembre 2012

Madre tigre addio, ora vince l'approccio gentile. Si chiama «terapia di interazione tra genitori e figli» ma, più semplicemente, è la tendenza, propugnata da una parte degli psicologi infantili, ad accantonare le punizioni (per lo meno quelle troppo drastiche) e a privilegiare elogi e abbracci. In pratica, l'imperativo per i genitori è: non fissatevi sui comportamenti «cattivi» ma valorizzate quelli «buoni».

 

Negli Stati Uniti il dibattito lo ha aperto il Wall Street Journal : «Cominciate a elogiare i vostri figli e, di conseguenza, aumenterà la frequenza dei "buoni comportamenti"» è la sintesi fatta al quotidiano americano da Timothy Verduin, docente di Psichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza all'Università di New York. Non solo: gli elogi - avvertono Verduin e altri esperti - devono essere accompagnati da abbracci o manifestazioni «fisiche» di affetto, per stabilire - e rinsaldare - il legame tra genitori e prole. Le tecniche di approccio «interattivo» vengono usate spesso con i ragazzi difficili, inclusi quelli con deficit di apprendimento o iperattivi, ma la filosofia di base che le guida può adattarsi anche agli altri bambini. E di tutte le età: anche se prima si comincia meglio è, perché, se non lo si è fatto prima, a 10-11 anni imporre la disciplina diventa più difficile.

PUNIZIONI - Punire o non punire? «La punizione rende aggressivi» dicono gli psicologi americani citando le statistiche che mettono in correlazione le sculacciate ricevute nell'infanzia con i comportamenti violenti e conflittuali in età adulta. Gli stessi medici, però, bocciano anche l'approccio dialettico: ragionare insieme, soprattutto quando si tratta di bambini molto piccoli, non serve (come, da grandi, non servono avvertimenti «ragionevoli» come quelli stampati sui pacchetti di sigarette).

L'ELOGIO - La formula perfetta starebbe nell'elogio: ai genitori si chiede di identificare i comportamenti positivi che vogliono ottenere dai figli e, quando li vedono attuati, mandare ai piccoli un riscontro positivo. Ma se l'elogio serve ad aumentare l'autostima la demonizzazione a priori del castigo non trova tutti d'accordo. «Il castigo è un'arte, e molto difficile» spiega lo psicoterapeuta Gustavo Pietropolli Charmet. Che illustra il metodo: «Bisogna prima di tutto capire qual è la comunicazione implicita contenuta nella trasgressione della regola: nella violazione di un patto c'è sempre, nel bambino, una speranza di potersi affrancare, di crescere. Se capiamo questo suo desiderio e lo aiutiamo a realizzarlo non ripeterà il comportamento scorretto».

L'ARTE DEL CASTIGO - Ma come fare? «La sanzione non deve mortificare ma aiutare a crescere. Per esempio, se la trasgressione sta nel non apparecchiare la tavola, si potrebbe far frequentare al bimbo un corso di cucina, per sviluppare una competenza legata al cattivo comportamento». L'arte del castigo, insomma: «La punizione - nota Charmet - è un momento educativo molto alto: il bambino che trasgredisce non si aspetta di provare un dolore fisico o morale come conseguenza della sua azione, ma vuole vedere quale sarà la reazione degli adulti al suo superare i limiti fissati» Ecco perché il «buon» castigo conclude lo psicoterapeuta, «richiede tempo e astuzia». E non deve essere una sculacciata, «o un togliere ai figli i soldi, le uscite o l'uso del computer». Sì al castigo allora, ma con intelligenza.

L'AUTOSTIMA - E l'autostima? Secondo la psicoterapeuta Federica Mormando perché il genitore trasmetta al figlio un'idea positiva si sé non bastano gli elogi, ma serve un'azione a 360 gradi. Quanto alle sgridate è necessario andare alle radici del problema: «Non è questione di giudizi positivi o negativi dati da genitori ai figli - nota Mormando - quando di educazione: bisogna educare i bambini insegnando loro poche cose ma chiare e inesorabili. E difenderle con autorità: se il genitore non è autorevole, castigo o no, c'è poco da fare».

Tv, tablet, cibi pesanti e giochi vivaci: i nemici del sonno di bimbi e ragazzi

FONTE: Corriere della Sera

AUTORE: Margherita De Bac

DATA: 23 febbraio 2016

I pediatri «assolvono» il lettone (solo per i bambini più grandi) ma circa il 40% dei bambini non riposa in modo regolare. Uno studio ha indagato abitudini ed errori più comuni: stilato un vademecum

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E’ la rivincita del lettone. Demonizzato per anni, considerato dannoso per lo sviluppo dei bambini perché rischiava di mettere un freno alla loro autonomia e alla capacità di stare da soli, oggi riceve una sorta di riabilitazione dai pediatri. Due bambini su dieci (la percentuale sale nelle Regioni del sud) all’età di otto anni e anche oltre dormono fra i genitori, ben piazzati nel mezzo. E non deve essere un problema se la dolce, rassicurante abitudine perdura fino a dopo le elementari. Significa che non è arrivato il momento dell’indipendenza. Ovviamente questa sorta di sdoganamento riguarda i più grandicelli, non certo per neonati e bambini molto piccoli E’ assodato che per il bebè fare la nanna fra gli adulti è un pericolo, una delle cause di «morte in culla» per soffocamento.

 

 

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La salute vien di notte

Per la prima volta un’indagine condotta in modo scientifico ha analizzato il comportamento di grandi e piccini quando si fa sera. Obiettivo del progetto «Ci piace sognare» è la prevenzione, correggere sul nascere stili di vita sbagliati che possono incidere sulla salute notturna dell’adulto. Chi è insonne da piccolo lo resta da grande, affermano i medici delle due società che hanno curato lo studio, la società italiana di pediatria preventiva e sociale (Sipps) e la società delle cure primarie pediatriche (Sicupp).

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Abitudini errate

Le mamme e i papà hanno compilato dei questionari online affiancati dal medico dei loro figli per un totale di 2030 schede valide raccolte tra nord, centro e sud. «Appena il 68% dei nostri giovanissimi hanno una durata del sonno corrispondente alle raccomandazioni internazionali. Tra la fine della scuola elementare e le medie la metà scarsa dei pre adolescenti fanno una tirata notturna di almeno 9 ore», dice Marina Picca, presidente Sicupp. Sostiene il progetto Michela Vittoria Brambilla, presidente della commissione bicamerale per l’infanzia: «Il sonno non è tempo perso, è salute. Tra l’ultima chat e l’arrivo di Morfeo dovrebbe passare più di un’ora.». A 1-2 anni 4 bambini su 10 si addormentano nel lettone, a 3-4 anni la percentuale scende di 12 punti, a 5-6 anni quasi tre piccoli su 10 mantengono questo privilegio che si riduce di poco a 7-9 anni (due casi su 10) e scende con decisione solo all’inizio della scuola media. Il presidente di Sipps Giuseppe Di Mauro: «Il 13% dei bimbi cambiano letto nel corso della notte, la maggioranza va dal proprio a quello matrimoniale ma esiste anche il percorso inverso. Il fenomeno non è esclusivo della prima infanzia. La notte a casa c’è un gran traffico specialmente se la famiglia ha più figli».

 

 

Biberon non ti lascio

Cambiamenti che, da soli, non influiscono sulla qualità del sonno. Laura Reali, responsabile ricerca dell’Associazione culturale pediatri, è benevola:«Oggi la vita è cambiata. Madri e padri lavorano magari tornano tardi e avere con sé i figli fra le lenzuola è una specie di compensazione. Un piacere per tutti. Prima o poi il bambino deciderà di addormentarsi nella sua stanza e di restarci. Segno che si sente pronto. E noi mamme lo vivremo come un abbandono». I veri alleati dell’insonnia sono videogiochi, televisione, ipad, cellulare se utilizzati fino a poco prima di spegnere la luce. Poi l’alimentazione: il 27,5% dei mini intervistati bevono latte, succo di frutta o altro quando è l’ora di andare a letto, elemento associato a una minore durata del sonno. E il 5% tra 5-6 anni si attaccano al biberon, oggetto rassicurante per loro ma non per l’igiene del sonno che ne risentirà negativamente.