FONTE: Il Messaggero
AUTORE: Lorena Loiacono
DATA: 1 dicembre 2023
Scuola, il ritorno del corsivo. «Obbliga a usare il cervello». A Roma un alunno su 5 ha problemi nello scrivere
Diversi Stati Usa reintroducono per legge l’insegnamento della calligrafia. In Italia prof divisi. Lucisano (La Sapienza): «Ma per i bambini è fondamentale»
È arrivato il momento della rivincita del corsivo. Per anni è stato messo da parte, considerato fuori moda, vecchio, complicato. Superato dallo stile stampato che, tipico della scrittura digitale, è di certo più semplice e veloce da imparare. Un bambino su 5 non sa scrivere in corsivo. Ma adesso è il momento di tornare a usarlo. Lo teorizzano gli esperti e lo stanno mettendo in pratica diversi Stati americani a cominciare dalla California dove, a gennaio, entrerà in vigore una nuova legge che impone l’insegnamento del corsivo a tutti i bambini delle scuole elementari. Anche i legislatori del Michigan hanno promosso un disegno di legge per spingere le scuole a insegnare a scrivere in corsivo. Nascono anche concorsi ad hoc, come il Cursive Is Cool (“Corsivo è fico”) organizzato dalla Campaign for Cursive, un progetto dell’American Handwriting Analysis Foundation.
Un ritorno al corsivo, da parte degli Stati americani, che rappresenta un dato significativo visto che proprio negli Stati Uniti, diversi stati decisero di mettere in un angolo la scrittura in corsivo. Era il 2010 quando il Common Core State Standards, una sorta di linee guida per rendere la scuola pubblica americana uguale in tutti gli Stati, ha messo da parte l’insegnamento del corsivo dai programmi e solo alcuni Paesi americani hanno continuato ad utilizzarlo. In Italia non c’è mai stata un’abolizione ufficiale ma, di fatto, gli esercizi di calligrafia sono sparito da molti anni, in gran parte delle classi elementari.
Molte insegnanti non chiedono più ai bambini di compilare pagine intere con la singola lettera dell’alfabeto, come si faceva una volta, per imparare a scriverla correttamente con le giuste proporzioni e l’attenzione nel restare nei margini. Un esercizio che, una volta, occupava le prime settimane della prima elementare e che, di fatto, oggi è sparito. O almeno non gli viene più dato tutto quello spazio. I bambini imparano a scrivere in stampatello maiuscolo e minuscolo, magari copiando lo stampato che leggono sul tablet o sullo smartphone.
LA CALLIGRAFIA
Il lavoro si semplifica, ma forse troppo. Per gli esperti, infatti, imparare a scrivere con una bella calligrafia porta diversi vantaggi: «Saper tenere in mano una matita con una punta ben curata o una penna - spiega Pietro Lucisano, presidente della Sird, la Società italiana di ricerca didattica, e professore di pedagogia sperimentale dell’università La Sapienza di Roma - significa essere capaci di portare avanti un esercizio di alta concentrazione. È fondamentale perché impariamo anche dai nostri movimenti: alcune attività, che comportano l’acquisizione di uno stile, hanno un impatto diretto sul cervello. Il corsivo obbliga ad usare il cervello. Così come saper dipingere usando con consapevolezza il pennello. Scrivere in corsivo rappresenta una seria complessità per un bambino di terza elementare ma gli insegna a maneggiare la penna con la giusta delicatezza. Se togliamo la gestualità togliamo anche il controllo e l’attenzione nei movimenti sottili e questo impatta sulla capacità di apprendere. È importante tornare ad insegnare a scrivere in corsivo, anche per educare i bambini al bello che, di fatto, è alla base del made in Italy che ci distingue nel mondo».
Oggi una percentuale sempre più ampia di alunni mostra seri problemi nella capacità di scrivere in corsivo. Uno studio portato avanti dai ricercatori del Policlinico Umberto I e dell’Università Sapienza di Roma dimostra come un bambino delle elementari su 5 non lo sa usare. Al suo posto ci sono lo stampatello e la digitazione sugli smartphone. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Occupational therapy in health care dagli studiosi Carlo Di Brina (neuropsichiatra infantile dell’Umberto I), Barbara Caravale (università La Sapienza) e Nadia Mirante (ospedale Bambino Gesù). «Abbiamo fotografato come scrive la popolazione scolastica dei bambini romani - hanno spiegato Di Brina e Caravale - e dopo quasi due anni abbiamo visto che il 21,6% di bambini è a rischio di sviluppare un problema di scrittura. Un 10% dei bambini ha una scrittura “disgrafica” ma si tratta di molti bambini: troppi per essere un disturbo».