Si è ristretto l’italiano. Torna il riassunto? Ben venga

FONTE: Corriere della Sera

AUTORE: Giuseppe Tesorio

 

DATA: 11 ottobre 2017

Il riassunto e il dettato: esercizi importanti, per nulla banali, per imparare a comunicare in buon italiano, o almeno senza litigare con sintassi e logica.

La locandina del film tv 'Aiuto mi si è ristretta la prof' Sta per tornare di moda. Relegato a qualche sporadica apparizione, il riassunto sta per rientrare alla grande nella scuola. Non è certo, ma almeno ci stanno provando. Linguisti, giornalisti, specialisti, pedagogisti, si sono mossi all’unisono, in questo albeggiare di anno scolastico, tutti a lanciare il grido d’allarme: i nostri ragazzi parlano male, l’italiano si è ristretto, come pure il pensiero (che ci sta dietro), si abusa dell’inglese, si deraglia sui congiuntivi, la punteggiatura è serva del potere (le virgole soprattutto).

Meglio tardi che mai. Gli insegnanti si stanno sgolando su questo tema, in perfetta solitudine, nella terra di mezzo della classe. Twitterati (volendoli nobilitare) e wathsappati (un poco digitoinvasati lo sono) vanno avanti con l’altro italiano, più povero.

Adesso, il ministro dell’istruzione chiama a raccolta gli specialisti del settore (e di questi, Oscar Wilde non aveva grande fiducia: “Lo specialista è colui che sa sempre di più su sempre di meno, fino a sapere tutto di niente”). L’obiettivo del gruppo di lavoro? Migliorare l’apprendimento e il corretto uso della lingua italiana. Sul come si è già aperto il dibattito. Il linguista Luca Serianni, assai attento al mondo della scuola, spezza due lance per il riassunto, come “esercizio importante, per nulla banale, per strutturare un discorso, interpretare ciò che li circonda, comprendere un testo, sviluppare la capacità di argomentazione”. Insomma, per imparare a comunicare in buon italiano, o almeno senza litigare con sintassi e logica.

Già, il vecchio caro riassunto. Prematuramente scomparso, come il dettato. Anche la lettera è scomparsa. Eppure il nuovo esame conclusivo di Stato, quello nato con la legge n.425, del 12 dicembre 1997, firmata dall’allora ministro Luigi Berlinguer, prevedeva lettera e riassunto tra le modalità di scrittura della prova di tutte le prove ovvero il tema d’italiano. Secondo la legge, con l’esame a regime (nel 2001-2002, un secolo fa quasi), lo studente avrebbe potuto scegliere tra il tema classico, l’«analisi e il commento di un testo letterario», l’articolo di giornale, il «saggio breve», ma anche il riassunto, la lettera e la relazione.

A dire il vero, nel successivo Decreto Ministeriale del 18 settembre 1998, n. 356, l’art.1 indicava per la tipologia B della prova scritta: “L’argomento può essere svolto in una forma scelta dal candidato tra modelli di scrittura diversi: saggio breve, relazione, articolo di giornale, intervista, lettera. Per l’anno scolastico 1998/99 le forme di scrittura da utilizzarsi da parte del candidato sono quelle del saggio breve o dell’articolo di giornale”. Dunque, non contemplava più il previsto riassunto. Ma intervista, lettera e relazione non sono mai state provate.

Adesso, forse, si torna indietro: riportiamo anche queste forme, e non solo il pur importante riassunto, agli esami finali delle medie e delle superiori. Solo così, vedendole tra gli obiettivi finali, la scuola può far esplorare nuove forme di scrittura. E più la scrittura si fa salda, più il pensiero (dello studente) si rafforza. Con il pensiero rinvigorito sarà tutta un’altra lingua.