Il test del marshmallow e i nostri figli La ricetta del successo senza stress

FONTE: Corriere della Sera

AUTORE: Orsola Riva

DATA: 2 settembre 2016

Psicologi e neuroscienziati americani concordano: il pressing eccessivo dei genitori può essere dannoso. Per andar bene a scuola e nella vita conta di più l’autocontrollo

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Come possiamo aiutare i nostri figli ad avere successo negli studi e nella vita senza stressarli eccessivamente? La risposta è: insegnando loro l’autocontrollo. E’ la ricetta del «test del marshmallow», un celeberrimo studio sul comportamento dei bambini in età prescolare condotto dall’università di Stanford usando come esca proprio quei dolcetti americani bianchi e spugnosi che sono la delizia dei più piccoli. Eseguito alla fine degli anni 60, è durato la bellezza di quattro decenni. L’esperimento originale consisteva nel mettere dei bambini in 4-6 anni, cioè in età pre scolare, di fronte alla scelta fra mangiare un marshmallow subito oppure aspettare un quarto d’ora e in cambio poterne mangiare due. Il campione testato in quel primo Anni dopo, quando ormai erano degli adolescenti, quelli che all’epoca avevano saputo resistere alla tentazione di mangiare subito il marshmallow potevano vantare dei risultati scolastici molto migliori degli altri. I partecipanti al test sono stati monitorati fin quasi ai nostri giorni sempre con gli stessi risultati. Conclusione: i bambini che dimostrano un maggiore self-control tendono ad avere più successo degli altri nella vita. L’autocontrollo non solo incide positivamente sullo sviluppo e la crescita ma è un indicatore di successo due volte più sicuro del quoziente di intelligenza, che pure gli americani tengono in grandissimo conto.

Meglio un marshmallow (anzi due) del coding

L’esperimento del marshmallow viene ora riproposto dalla rivista americanaThe Atlantic come antidoto al modello ultra prestazionale imperante ai nostri giorni e soprattutto al sovraccarico di stress per i nostri figli che ne consegue. Basta con i seminari sul coding!, dice l’autrice dell’articolo, la psicologa e «parent coach» Erica Reischer. Smettetela di pressarli nello studio e in ogni altra attività che fanno, organizzando perfino i loro spazi di gioco. Provate invece con un approccio indiretto che miri a sviluppare la loro capacità di autocontrollo. Come? Reischer, citando anche le conclusioni di alcuni neuroscienziati americani, fa diversi esempi: nei bambini più piccoli funziona particolarmente bene il cosiddetto gioco immaginativo, quello in cui fanno finta di essere principesse o draghi, il paziente o il dottore. Loro dettano le regole e decidono di rispettarle. Perché? Semplice: perché si divertono. Il divertimento, la gratificazione è la molla che li spinge ad autocontrollarsi. La pedagogia italiana, con Maria Montessori, ci era arrivata già agli inizi del Novecento.

Meno controlli, più autocontrollo

Per i ragazzi più grandi, Reischer consiglia di lasciarli liberi di coltivare i loro interessi, dalla musica ai fumetti, anche se a noi genitori possono sembrare laterali rispetto allo studio dell’algebra o della chimica. Non c’è infatti miglior modo di sviluppare l’autocontrollo che quando esso serve a raggiungere uno scopo che ci si è dati da soli. La capacità di governare gli impulsi così acquisita servirà loro anche quando dovranno mettersi a studiare matematica. In fondo, è quanto dimostra il test del marshmallow: quello che motiva i bambini a non mangiarlo subito non è la paura di essere puniti o il desiderio di essere lodati ma la prospettiva di poterne mangiare un secondo se riescono a trattenersi.

 

 

 

Meno sale contro l’obesità infantile

FONTE: Corriere della Sera

AUTORE: Mia Mantovani

DATA: 5 agosto 2013

Chi eccede tende a esagerare anche con le bevande caloriche. Prima dei due anni il sale andrebbe escluso dall'alimentazione
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MILANO - Abituate i bambini a una dieta poco ricca di sale. Questo alimento non solo alza la pressione, ma favorisce anche lo sviluppo dell'obesità infantile. Lo dimostra uno studio australiano condotto presso la Deakin University e pubblicato suPediatrics. I ricercatori, osservando il comportamento di 4.283 bambini tra i 2 e i 16 anni, hanno visto che maggiore è il consumo di sale e più è alto quello di bibite zuccherate, succhi di frutta, acque aromatizzate ed energy drink. La predilezione per il gusto salato si accompagnerebbe, quindi, a comportamenti alimentari poco corretti, con un più elevato rischio di diventare obesi.

LA RICERCA - «I risultati sono interessanti ma non conclusivi», commenta Claudio Maffeis, professore associato di pediatria all'Università di Verona ed esperto in nutrizione infantile. «La dieta dei bambini che hanno partecipato all'indagine è stata valutata due volte tra febbraio e agosto 2007: inizialmente con un colloquio faccia a faccia, poi con un'intervista telefonica. In queste occasioni è stato indagato il loro comportamento alimentare nelle 24 ore precedenti, ma senza che quanto riferito sull’assunzione di liquidi, cosa di per sé non facile, fosse alla fine verificato con metodi più accurati. Un aspetto che va tenuto in conto».

OBESITÀ IN ITALIA - L'indagine mette in relazione l'eccessivo consumo di sale fin da piccoli con la nascita di abitudini alimentari scorrette e il rischio di sviluppare obesità. Un fenomeno ben conosciuto anche in Italia. Nel nostro Paese si contano, infatti, un milione di bambini in sovrappeso, di cui 400 mila obesi. Una situazione a cui è necessario porre rimedio visti anche i problemi di salute connessi: malattie metaboliche come diabete, ipertensione e arteriosclerosi che possono insorgere ancor prima dell’età adulta.

EDUCAZIONE AL GUSTO - In funzione preventiva, è importante abituare i bambini a un'alimentazione equilibrata dalla prima infanzia, il che significa anche non eccedere con il sale per non favorire consuetudini dietetiche sbagliate. «I piccoli non dovrebbero vederlo per i primi 12 mesi, come suggerito dai pediatri. Talora, invece, finisce nelle loro pappe già durante lo svezzamento», dice Claudio Maffeis. Nei primi anni è molto importante educare i bambini al gusto dei diversi cibi, limitando sia quelli troppo dolci sia quelli eccessivamente salati. E qui giocano un ruolo determinante i genitori che devono dare il buon esempio e prestare attenzione a ciò che portano in tavola.

MODERAZIONE E VARIETÀ - L'importante è non abbondare con le porzioni, variare il menù e tener conto dell'apporto calorico di alimenti e bevande per assicurare ai bambini una dieta equilibrata, senza eccessi né carenze. «Ovviamente è meglio l'acqua delle bibite zuccherate e frutta e verdura dei cibi grassi, ma questo non significa demonizzare particolari alimenti», precisa l'esperto. «Le proibizioni non funzionano». Le bevande caloriche possono essere offerte eccezionalmente, basta che non diventino la regola e non si sostituiscano all'acqua. Lo stesso vale per i cibi dolci: non bisogna esagerare.

BANDO AI FUORIPASTO - Troppi snack a distanza di poco tempo sono del tutto sconsigliati. Creano disordine nella dieta del bambino. La sua giornata dev'essere scandita da cinque pasti principali: colazione, spuntino, pranzo, merenda e cena. «La colazione va fatta possibilmente insieme ai familiari e senza fretta», dice l'esperto. «Il consiglio è di puntare la sveglia un po' prima la mattina e abituare il piccolo ad andare a letto presto la sera». Per quanto riguarda lo spuntino e la merenda, «l'importante è che contengano una buona quota di carboidrati, che, tra l’altro, aiutano a tenere sveglia l'attenzione. La frutta è sempre l'ideale, ma può essere alternata con crackers, fette biscottate, una fettina di torta fatta in casa o una merendina leggera non farcita».

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RACCOMANDAZIONI SIP - La Società Italiana di Pediatria ha ribadito recentemente le indicazioni per prevenire sovrappeso e obesità nei bambini: il consiglio è di allattarli esclusivamente al seno fino ai sei mesi, non eccedere con le proteine nei primi ventiquattro e sottoporli a visite periodiche dal pediatra per controllarne l'accrescimento. E ancora: bandire la tivù per i primi due anni, imporre un limite di un paio d'ore giornaliere successivamente e, dai cinque anni, assicurare loro almeno 60 minuti al giorno di attività fisica.