Figlio, alunno distratto? Ecco come potenziare l’attenzione in poche mosse

FONTE: Corriere della Sera

AUTORE: Orsola Riva

DATA: febbraio 2018

I consigli del neurobiologo Alberto Oliverio: «Un bambino di 6-7 anni ha una soglia di attenzione massima di un quarto d’ora. Gli adolescenti poco più del doppio». Come aumentare la concentrazione? Provate con mezzora di corsa

Una società distratta

Perennemente distratti. A casa, a scuola, sul lavoro. Basta un messaggino, una notifica di WhatsApp, un’email e la nostra mente migra altrove. E se capita a noi grandi figuriamoci ai più piccoli. Lo sanno bene gli insegnanti dei nostri figli che, a ogni giro di boa, fanno sempre più fatica a tener desta l’attenzione in classe. Ma siamo sicuri che sia tutta colpa del bombardamento digitale? Non è che tenerli inchiodati al banco per ore sia semplicemente una pretesa sbagliata? E’ quanto sostiene il neurobiologo Alberto Oliverio, professore emerito alla Sapienza, autore di oltre 400 pubblicazione scientifiche, saggi e libri di divulgazione.

Il cronometro dell’attenzione

«Trascurare il modo in cui funziona il cervello dei bambini e degli adolescenti porta a commettere errori clamorosi sul piano pedagogico - spiega Oliverio -. L’attenzione è un processo naturale che si realizza a livello della corteccia cerebrale bloccando le attività marginali che altrimenti ci distrarrebbero». Un conto è stringere i pugni, un altro è imparare a chiudere pollice e indice, perché richiede appunto di inibire gli altri riflessi di prensione. Proprio perché è un’attività complessa, l’attenzione ha una durata limitata nel tempo. «Sa quanto regge un bambino? A 6-7 anni non più di un quarto d’ora. Poi pian piano aumenta fino a mezzora, massimo tre quarti d’ora negli adolescenti». Così poco? «Certo. Anche un adulto riesce a stare concentrato per non più di un’ora. Poi l’attenzione inizia a calare».

Viva l’apprendimento spezzettato

«Il modo migliore per stimolare l’attenzione - dice Oliverio - è spezzettare l’apprendimento», dice Oliverio. L’alfabeto si impara prima se lo si studia una lettera alla volta. Vale per i bimbi delle elementari ma anche alle medie dove sarebbe buona norma usare l’ultimo quarto d’ora della lezione per ricapitolare quanto fatto per punti.

Il cervello? Cammina

«Il cervello di un bambino è fatto per agire, per muoversi», dice Oliverio. Lo aveva capito benissimo già Maria Montessori cent’anni prima che le sue intuizioni trovassero conferma nelle neuroscienze. La grande pedagogista italiana aveva elaborato un sistema basato su una serie di azioni, i cosiddetti comandi («vai», «fai», «prendi»), che servivano letteralmente a mettere in moto le conoscenze. Perciò se vostro figlio vi preoccupa perché, mentre ripete i sette re di Roma, va su e giù dal divano come se fossero i sette colli, tranquilli: ha ragione lui.

La ginnastica dei neuroni

Niente aiuta la concentrazione quanto il movimento. «Molti studi dimostrano che basta mezzora di attività fisica aerobica per ossigenare il cervello e stimolare i cosiddetti fattori trofici o NGF, quelli scoperti negli anni 50 da Rita Levi Montalcini», spiega Oliverio. Per questo - dice - l’ora di ginnastica andrebbe messa all’inizio e non alla fine della giornata scolastica. E’ incredibile quanto ancora oggi nelle scuole italiane l’attività fisica sia negletta. Mancano strutture adeguate (le palestre, quando ci sono, spesso non sono nemmeno a norma) ma prima ancora manca una cultura condivisa che riconosca il giusto peso all’attività motoria: quante volte i nostri figli sono costretti a fare la ricreazione ingolfando i corridoi invece che andare a sfogarsi in cortile?

Suoni e luci

Più in generale, un modo per sollecitare l’attenzione è associare alle parole anche immagini, suoni, movimenti. Usare un approccio multimediale. Oliverio fa l’esempio dei libri illustrati per ragazzi: «Guardare le figure, passarci sopra il dito, è un’esperienza motoria che facilita la lettura». Vale anche per gli adulti: uno dei segreti del cosiddetto «speed reading», la lettura veloce, sta proprio nel percorrere il testo con un dito.

L’apprendimento recitato

Anche la recitazione può essere di grande aiuto. «Nelle scuole francesi - dice Oliverio - è molto in voga il cosiddetto apprendimento recitato delle lingue». Si mette in scena una situazione pratica, per esempio l’organizzazione di un viaggio in treno: i ragazzi recitano la parte del passeggero che va allo sportello per comprare il biglietto e così via. «In questo modo - spiega ancora Oliverio - si associano memorie procedurali a memorie semantiche».

Tempesta ormonale

E il cervello degli adolescenti? «Quello - dice Oliverio - è dominato dagli ormoni, da pensieri e fantasie erotiche». In questa fase di sviluppo le emozioni tendono a prendere il sopravvento. Anziché negarle si può cercare di farle entrare, garbatamente, in gioco. Durante la lezione di storia dell’arte per esempio può essere utile chiedere ai ragazzi e alle ragazze quali emozioni un quadro o una scultura suscitino in loro. E’ un modo per agganciare apprendimenti freddi e caldi, spiega Oliverio.

Una stanza tutta per sé

A casa poi andrebbero eliminate le distrazioni. Bambini e ragazzi dovrebbero avere una stanza tutta loro, possibilmente senza televisione ma anche senza musica perché sono tutte cose che li distraggono, spiega Oliverio. E il telefonino? Idem con patate. Magari si può fare un patto, negoziare con i ragazzi che prima studiano e poi riprendono in mano il telefono per chattare con gli amici. Sempre però con la consapevolezza che non si può pretendere di tenerli per ore chini sui libri.

Consigli per il sonno dei ragazzi dai 6 ai 12 anni

FONTE: Corriere della Sera

AUTORE: Silvia Turin

DATA: 23 febbraio 2016 

Un buon sonno nei ragazzi è fondamentale per far sì che affrontino al meglio la giornata. Influisce sulla loro capacità di concentrazione, sulla memoria e sull’apprendimento, oltre che sull’umore e sulla loro stabilità emotiva. Questi sono i consigli stilati dalla Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale e dalla Società Italiana delle Cure Primarie Pediatriche

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Cosa non fare
- Evitate di far usare il letto per studiare, parlare al telefono, ascoltare musica.
- Non lasciate a disposizione televisione, computer, tablet nella stanza del ragazzo, per evitare che ne faccia uso spontaneamente.
- Evitate i sonnellini diurni, perché potrebbero causare difficoltà nell’induzione del sonno notturno.
- Favorite la permanenza all’aria aperta e alla luce del sole, aiuta a mantenere normali i ritmi circadiani sonno-veglia.
- Evitate che il ragazzo assuma bevande eccitanti tipo caffè, cola, the, cioccolata (ricche in caffeina o sostanze simili) nelle 3-4 ore che precedono il sonno.
- Evitate nelle 2 ore che precedono il sonno attività serali eccitanti o che danno un senso di energia, come esercizi fisici impegnativi o attività stimolanti come i giochi al computer.
Cosa fare
- Favorite uno stile di vita sano sia attraverso una corretta alimentazione sia favorendo una buona dose di attività fisica, anche se non strutturata come vero sport.
- La camera da letto deve essere confortevole, tranquilla e poco illuminata. La temperatura deve stare sui 18-20 gradi al massimo.
- Mantenete regolare gli orari per andare a dormire e per svegliarsi. Sono tollerati intervalli non superiori ad un’ora di differenza tra le notti della settimana e quelle del weekend.
- Stabilite 20-30 minuti di tempo da dedicare a consuetudini prima del sonno. La routine dovrebbe prevedere attività distensive quali leggere un libro o parlare di ciò che si è fatto durante la giornata. L’ultima fase dovrebbe svolgersi nella stanza da letto.
- Cercate di lasciar trascorrere almeno due ore dopo la cena, se costituita da un pasto completo; sono invece consentiti piccoli spuntini (frutta, yogurt) per non andare a letto affamati.

Tutti matti per gli scacchi

FONTE: Corriere della Sera

AUTORE: Giorgio Fontana

DATA: 18 agosto 2015

Tutti matti per gli scacchi

Fanno bene (ai genitori)

Gli scacchi affinano il pensiero, sviluppano la concentrazione. E sono poco impegnativi per chi deve assistere alle partite dei figli

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Da ragazzino partecipai a qualche torneo di scacchi: ricordo bene la mia disperazione dopo una sconfitta - ma mio padre ricorda meglio il mio sguardo feroce e ciò che gli dissi prima di lanciare un attacco vincente: «Adesso gli salto al collo, a quello lì». Già. Gli scacchi conservano qualcosa che trascende il mero gioco: una volontà irriducibile di sopraffare l’avversario.
In un divertente articolo pubblicato sul Financial Times , Matthew Engel vede proprio negli scacchi lo sport ideale cui incoraggiare i figli, dal punto di vista dei genitori: combina costi e rischi bassissimi (difficilmente ci si sloga un polso muovendo un alfiere) con la libertà per padri e madri di non dover assistere alle partite (i litigi furibondi fra parenti, un classico del calcio giovanile, non son diffusi).
Di più: gli scacchi aiutano lo sviluppo della concentrazione, affinano il pensiero per immagini, ed educano alla responsabilità - sulle sessantaquattro caselle la fortuna praticamente non esiste, vittoria e sconfitta dipendono unicamente dalla qualità delle mosse. Anche per questi motivi, lo scorso febbraio il Parlamento spagnolo ne ha introdotto lo studio in diversi percorsi scolastici.
Ma c’è una ragione se Duchamp lo definiva uno sport violento - e se il Grande Maestro Nigel Short ha rincarato la dose dicendo che per questa attività «devi essere pronto a uccidere». La solitudine, l’astrazione e la mancanza dell’elemento corporale possono logorare i nervi di chiunque: e il genitore che vede il figlio tranquillo e assorto di fronte alla scacchiera non dovrebbe dimenticarlo. Nella sua introduzione a La psicologia del giocatore di scacchi di Reuben Fine, Giuseppe Pontiggia scriveva di questo gioco: «mobile e inafferrabile, esso elude tutti i tentativi di chiuderlo in quella gabbia, in cui finisce con l’aggirarsi il giocatore». Nel tesserne l’elogio, vorrei ricordare l’ossessione che lo anima: la lotta per dominarla, del resto, è parte del suo fascino.