Paolo Crepet sulla strage di Paderno Dugnano: «Famiglia perfetta? C’erano per forza segnali, che nessuno ha visto. Questo deve spaventare»

FONTE: Corriere della Sera e Messaggero

AUTORE: Tommaso Moretto

DATA: settembre 2024

Genitori e fratello minore uccisi a 17 anni da Riccardo nel Milanese, lo psichiatra: «Perchè lo ha fatto? Va chiesto all'Onnipotente ma parlare di ragazzo per bene è la controfirma di una società ormai sfaldata. Non ci parliamo più, non conosciamo l'altro: il vicino ma neppure chi vive con noi»  

 

Un ragazzo di 17 anni a Paderno Dugnano, Comune della città metropolitana di Milano, ha ucciso con un coltello da carne il fratello di 12 anni e i genitori nella notte tra sabato e domenica. Ha confessato tutto davanti agli inquirenti, dicendo «non c’è un vero motivo per cui li ho uccisi, mi sentivo oppresso». Paolo Crepet, 72 anni, psichiatra, sociologo e saggista, in passato pro-rettore dell’Università di Padova, invita a riflettere sulla nostra «comunità sfaldata».

Cos’è passato per la testa di questo ragazzo, si è dato una spiegazione?
«Va chiesta all’Onnipotente. Criminologi e psicologi che rispondono ad una domanda del genere sono dei fanfaroni. Quello che mi spaventa invece è come mai non se n’è accorto nessuno».

Secondo lei c’erano per forza dei segnali?
«È ovvio, un ragazzino di 17 anni prende in mano un coltello e fa una strage e non ci sono segnali? Stiamo scherzando?».

Il vicino di casa ha detto che era una famiglia tranquilla, che non aveva notato nulla di strano.
«Questo è bestiale, è la controfirma di una civiltà morta. Chi dice che era una persona meravigliosa uno che ha fatto una strage perché lo dice? Ci è andato a bere un caffè alle otto? E cosa pensava gli dicesse, tra dieci minuti ammazzo tutti?»

È una società dove non ci si conosce più?
«Non ci parliamo più, io non conosco nessuno dei miei condomini. È una comunità sfaldata, una volta tra vicini ci si aiutava».

La famiglia massacrata viveva in una zona di villette.
«Perché Turetta dove abitava? Nel Bronx? Smettiamo di parlare di “famiglie per bene”, aboliamo questa dicitura».

Questo ragazzo non pensava che sarebbe stato scoperto e quindi che sarebbe finito in carcere?
«Non gliene frega niente. Un’altra cosa che ci è sfuggita da Novi Ligure ad oggi, e son passati più di vent’anni, è la questione social. All’epoca di Novi Ligure sono stato preso per i fondelli dicevano che banalizzo soltanto perché chiedevo se in quelle famiglie - e all’epoca non c’erano i social - alla sera, a cena, ci si chiede anche come va. Figuriamoci oggi con i social».

I social network peggiorano la situazione?
«Di un milione di volte. Chi dice di no è in malafede. Un ragazzino di 17 anni che si mette la “vision pro” sugli occhi è più o meno isolato? Ci vuol Marconi per capirlo?».

Comunque, dall’isolamento ai triplici omicidi resta un passaggio difficile da capire.
«Mica tanto, quella è la punta di un iceberg. Lui l’ha fatto, mille altri ci hanno pensato. E poi comunque questi casi non sono così rari».

Perché scatta il meccanismo della violenza?
«Perché siamo tutti violenti, questa è una società violentissima. A Torino hanno massacrato un signore che faceva le bolle di sapone alla stazione, non è follia, è odio. È odio anche andare a 200 chilometri l’ora in auto con la propria fidanzata e finire contro un albero, se ami la tua ragazza vai a 65 orari e le accarezzi la mano. Ai 200 all’ora si è indifferenti alla vita dell’altro, è ovvio».

È possibile un parallelo con quanto appena successo a Sharon Verzeni?
«Anche lì, odio. Ogni evento ha un suo perché e una sua declinazione, non possiamo metterli nello stesso posto. Ma in comune ci sono l’odio e l’indifferenza per la vita altrui».

La prospettiva del carcere non è un deterrente?
«Non gliene frega niente, zero. Siamo bombardati da mesi con quaranta morti al giorno in televisione per le guerre, è un continuo richiamo alla morte. E poi l’ergastolo non lo faranno. Questo ragazzo di 17 anni si farà 15 anni, ci sono già i periti al lavoro, poi è minorenne».

Il suo recupero psicologico è possibile?
«Lo sarebbe se si volesse ma andrebbe cambiato il carcere minorile. Bisognerebbe ci fossero persone con capacità di intervento, non neolaureati».

Non ci sono?
«Ma per carità. Noi evitiamo questi argomenti perché ci riguardano, ora per distrarci parleremo dell’Ultradestra in Germania».

E perché li evitiamo?
«Perché ci riguardano. Le famiglie non funzionano, la scuola è abbandonata a sé stessa. Negli Stati Uniti ogni mese esce un libro sull’impatto della tecnologia digitale sui nostri figli ma non facciamo niente perché ci sono le Lobby che portano a cena un senatore e sono a posto».

DOMANDE SULLO STESSO ARGOMENTO SUL MESSAGGERO

Cosa intende per disfacimento della famiglia? E perché è avvenuto tutto questo?
«Semplicemente non c'è più un regola. Ed è avvenuto perché non parliamo più. Abbiamo scambiato i soldi con le parole. Una volta si parlava e non c'erano i soldi. Oggi ci sono i soldi ma non si parla più. Un padre non sa dove è suo figlio di 14 anni. Sabato sera c'era mezza Italia che non sapeva dove si trovasse il proprio figlio. Ne aveva una idea molto, molto vaga. Un padre non sa cosa fa il proprio figlio di 14 anni, non sa quanti shot stia bevendo, non sa se consuma cocaina, non sa se fa sesso con una tredicenne. Semplicemente non lo sa. Sa di cosa sanno i genitori?»

Di cosa?
«Di padel, della partita, del prossimo viaggio quando magari si parte sposati e si torna separati. Poi mi dicono "lei è pessimista". No, sono gli ottimisti che sono male informati».

Questa descrizione va contro quello che era il luogo comune dei genitori italiani eccessivamente protettivi. Uno stereotipo che sembrava inattaccabile.
«Sì, ma i genitori italiani sono troppo protettivi nel momento in cui non dovrebbero esserlo. Sono protettivi per la scuola. Vai a discutere se tuo figlio ha preso un brutto voto, se ha preso 5? Ma cosa ti interessa se tuo figlio ha preso 5? Saranno cavoli suoi. Lascialo di fronte alle sue responsabilità. I genitori italiani non sono protettivi quando dovrebbero esserlo, vale a dire a partire dalle 9 di sera. Sono protettivi in modo sbagliato, ecco che non ci sono più i voti a scuola. Guardi, è stato fatto tutto il contrario di ciò che sarebbe intelligente fare. Forse non siamo un popolo così intelligente».

Come si migliora la situazione?
«Mettendo un punto. Possiamo cambiare la scuola, prima di tutto. In maniera rivoluzionaria. Non funziona nulla. Prima di tutto bisogna cominciare a 5 anni e non a 6, finire a 18 e non a 19. Bisogna rimettere i voti come si è sempre fatto. Bisogna avere la scuola a tempo pieno e dare più soldi agli insegnanti. Ma lei pensa che ci sia un politico che pensa a queste cose? Però ho ragione io, me lo faccia dire».