FONTE: Corriere della Sera
AUTORE: Stefano Montefiori
DATA: 8 settembre 2016
Un pamphlet contro il piano digitale del governo Hollande mette in guardia sui rischi dell’«utopia tecnologico-pedagogica»: non migliora le competenze e accentua le differenze sociali. E’ quanto sosteneva già il focus Ocse-Pisa del 2015
PARIGI La fiducia nelle nuove tecnologie, irrinunciabile orizzonte di progresso, accompagna gli europei e i loro governi da molti anni, dalle famose tre «i» di Berlusconi - Inglese, Impresa, Informatica, era il 2001 - al più concreto «Piano per il digitale nelle scuole» varato dal presidente francese François Hollande nel 2014. Gli obiettivi fondamentali dell’iniziativa francese sono collegare le scuole alla banda larga, formare gli insegnanti, incoraggiare gli editori di libri scolastici a pubblicarne una versione digitale e equipaggiare 3,3 milioni di allievi con un tablet. Ma nei giorni del rientro nelle classi, fa discutere un libro che contesta la moda digitale e sottolinea i vantaggi dell’apprendimento tradizionale.
Per una scuola senza schermi
L’insegnante di storia Karine Mauvilly e l’ingegnere Philippe Bihouix hanno scritto «Le Désastre de l’école numérique. Plaidoyer pour une école sans écrans» (Seuil) in cui descrivono il «disastro» della scuola digitale e auspicano il ritorno a classi «senza schermi». I due autori fanno proprie alcune delle critiche rivolte sempre più spesso alle tecnologie digitali in generale: rendono difficile la concentrazione, diminuiscono la capacità di riflessione e di calcolo, non stimolano la creatività. L’opposto di certe pubblicità che associano computer, smartphone o tablet a un trionfo di idee e colori che ci dovrebbero rendere tutti musicisti, pittori, scienziati. Secondo gli autori, la svolta digitale è innanzitutto una scorciatoia per mascherare il fallimento di decenni di riforme scolastiche, che non sono riuscite a rendere la scuola francese più egalitaria. Un tempo vanto della società francese, la «scuola repubblicana» è accusata di non essere più in grado di favorire l’ascensore sociale, ma anzi di essere una delle cause del suo blocco.
Le disparità
Il problema della diseguaglianza è affrontato anche dall’economista Thomas Piketty, che in un intervento su Le Monde sottolinea come nella capitale, Parigi, gli istituti seguano perfettamente e rigidamente la geografia economica della città, con gli allievi più ricchi che si concentrano nelle scuole dei quartieri più fortunati e quelli con meno mezzi a disposizione radunati negli altri istituti, senza la possibilità di venire in contatto. Mauvilly e Bihoux sostengono che le nuove tecnologie e in particolare i tablet tradiscono la promessa originaria di livellamento verso l’alto di tutta la società, e al contrario tendono a perpetuare le differenze di classe. «Il tasso di equipaggiamento dei gadget elettronici è superiore presso i figli cresciuti in famiglia meno fortunate - dice Philippe Bihouix a Libération -. Usano gli smartphone prima, spesso hanno il computer e la tv in camera, mentre nelle famiglie più ricche i genitori limitano l’uso degli schermi e ritardano l’arrivo del telefono cellulare (…). Lottare veramente contro le disuguaglianza non è fornire a tutti dei tablet ma offrire ai bambini dei corsi di violino, di teatro».
L’apprendimento
Soprattutto, gli autori del libro sostengono che nessuna ricerca dimostra quel che molti trovano intuitivo, e cioè che usare i mezzi più moderni favorisca l’apprendimento. Il rapporto Pisa 2015, redatto dall’Ocse che ha un’impostazione di solito piuttosto favorevole alla sfera digitale, indica invece che più si è esposti agli schermi meno si comprendono i testi scritti. Karine Mauvilly e Philippe Bihoux si inseriscono in una corrente di pensiero sempre più frequentata negli ultimi tempi, che mette in discussione l’utilità e la convenienza degli strumenti digitali nelle nostre vite.