Macché matematica e scienze, a scuola si insegna la felicità

FONTE: Corriere della Sera

AUTORE: Caterina Belloni

DATA: 15 marzo 2017

Il benessere dei bambini diventa fondamentale, tanto che conta per valutare presidi e istituti: E arrivano i corsi di meditazione per gli adolescenti

La matematica serve, come la grammatica inglese, ma quello che conta è il benessere degli studenti. Tanto che nei prossimi anni le scuole britanniche verranno classificate sulla base anche di questo parametro, considerato così fondamentale da stare al pari di quelli accademici, se non addirittura più in alto. La svolta del sistema scolastico inizierà con un progetto pilota per insegnare agli allievi la felicità, che non dipende da qualche sussulto hippy degli eletti in Parlamento, ma dalla constatazione che le nuove generazioni anglosassoni hanno problemi con la serenità. Secondo dati recenti, infatti, il dieci per cento dei minorenni soffre di disagio psicologico o di malattie mentali, mentre un’indagine della Varkey Foundation ha rivelato che i giovani britannici sono tra i più insoddisfatti al mondo. Quasi uno su due si dichiara infelice e solo il Giappone li precede in una classifica realizzata a livello internazionale per fotografare aspettative, paure e stati d’animo dei millennials.  

A lezione di meditazione

Insomma, la ricerca della felicità sta diventando un’emergenza Oltremanica e il governo, che se ne dispiace e soprattutto paga i conti della spesa sanitaria per i giovani in difficoltà, ha deciso di intervenire. La prima mossa del Ministero dell’istruzione è stata quella di lanciare un programma pilota di benessere, che partirà a maggio e coinvolgerà duecento scuole in tutto il paese, per un periodo di almeno due anni. Ai bambini dagli otto anni in su verranno impartite in classe lezioni di felicità, attraverso diverse tecniche. Anzitutto verranno istruiti sulle varie forme di respirazione, che aiutano a contenere l’ansia e a gestirla; poi riceveranno istruzioni su come perseguire il proprio benessere con attività da svolgere a casa o a scuola; ancora saranno invitati a esercitare l'empatia, condividendo sensazioni e problemi dei loro simili; infine verranno formati a praticare la «mindfulness», metodica di liberazione della mente dalle preoccupazioni, che è molto in voga nel Regno Unito. Tutte strade da percorrere, per cercare di raggiungere la serenità perduta. 

Lezioni per prevenire depressione e suicidi

Quanto agli adolescenti, seguiranno oltre a queste lezioni, anche dei seminari mirati a proposito del bullismo, dell’ansia e della depressione e saranno invitati a ragionare sui rischi che corrono nell’ambiente in cui vivono e a capire che il suicidio non è mai un’alternativa praticabile. Secondo gli educatori e i presidi, infatti, negli ultimi anni la scuola si è concentrata molto sui risultati accademici e la valutazione dell’apprendimento, lasciando in secondo piano lo sviluppo psicologico e comportamentale degli allievi. Che invece deve diventare un punto di riferimento e, alla fine della sperimentazione, sarà anche uno dei parametri fondamentali considerati dall’Ofsted, l’organismo regolatore del sistema scolastico britannico, che classifica gli istituti e in base alla cui valutazione vengono erogati fondi oppure chiusi corsi. Alcuni ispettori, in realtà, già oggi tengono conto nelle loro valutazioni sul campo del benessere e della serenità dei bambini, che talvolta appare così rilevante da controbilanciare un ritardo nella competenza in matematica o scienze. Ma forse ancora non basta. La scuola deve formare l’individuo e non solo l’allievo, assicurando benessere e serenità. Anche se per riuscirci bisogna stare seduti in cerchio, ad occhi chiusi, pensando ai problemi e ai pensieri negativi e immaginandoli come degli autobus, che arrivano ma poi ripartono. Lasciando la mente libera dalle preoccupazioni e aperta a un futuro pieno di possibilità. 

 

MI PARE CHE IL MINISTERO DELL’ISTRUZIONE BRITANNICO, DA LODARE PER L’INIZIATIVA, DIMENTICHI IL FATTORE FONDAMENTALE PER AVERE SERENITà, FELICITà A SCUOLA: LA CAPACITà DEL DOCENTE DI SAPER CREARE, INSIEME AI BAMBINI, UN CLIMA DI AMICIZIA, PUR NELLA DIVERSITà DEI RUOLI, FRA TUTTI COLORO CHE VIVONO INSIEME TANTE ORE.

Bimbi a lezione di empatia, per avere adulti più felici

FONTE: Corriere della Sera

AUTORE: Elmar Burchia

DATA: 11 settembre 2016

Nelle scuole danesi c’è un'ora di “Klassens tid” alla settimana, dove gli alunni imparano a riconoscere e condividere le proprie emozioni e a mettersi nei panni degli altri

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L’empatia, cioè la capacità di un individuo di comprendere in modo immediato i pensieri e gli stati d'animo di un'altra persona, è una dote cruciale nelle nostre vite e fondamentale per lo sviluppo dei più giovani. Tuttavia, l’empatia è in declino. Come ha dimostrato anche un recente studio dell’Università del Michigan condotto su 14.000 studenti: i ricercatori hanno infatti rivelato un drastico calo nei livelli di empatia tra i giovani americani, il 40 per cento in meno rispetto agli alunni negli anni Ottanta e Novanta. L'aumento di narcisismo e la perdita di empatia sono le ragioni chiave per cui oggi quasi un terzo dei ragazzi negli Usa sono depressi o hanno problemi di salute mentale. C’è però un Paese, la Danimarca, quello con gli abitanti più felici al mondo, che prende molto seriamente l’empatia. Nelle scuole danesi è stata inserita fra le materie proprio l’empatia, disciplina che i ragazzi dai 6 ai 16 anni studiano un’ora la settimana.

I temi delle lezioni

Durante “Klassens Tid”, o tempo di classe, i ragazzi parlano di problemi personali o di gruppo; della difficoltà che provano nel rapportarsi con la famiglia, con i compagni, con gli amici. E anche di emozioni: imparano a comprenderle, ad esprimerle a regolarle. «La classe cerca di rispettare ogni aspetto dei problemi degli alunni e - dopo uno scambio di opinioni, di consigli e di solidarietà - prova a trovare una soluzione», dice Iben Sandahl, psicoterapeuta, ex insegnante e autrice del libro «The Danish Way of Parenting: A Guide To Raising The Happiest Kids in the World». L’obiettivo è quello di creare un‘atmosfera accogliente, piacevole, intima. I danesi la chiamano «hygee». Il termine risale al 19° secolo e deriva dalla parola germanica «hyggja» che significa «pensare o sentirsi soddisfatti», anche non ci sono traduzioni esatte che spieghino il suo significato in una sola parola.

La torta al cioccolato

Per rendere quest’ora di empatia più piacevole i bambini mangiano una fetta di torta al cioccolato, la «Klassen Time kage», preparata da loro stessi. La disciplina esiste sin dall’Ottocento; nel 1993 è diventata materia scolastica, e negli anni è stata poi ampliata. Oggi è considerata uno strumento fondamentale per avere adulti felici e sereni.

 

 

 

 

Intelligenza emotiva

AUTORE: Pietro Bordo

DATA: 1 settembre 1998, ma attualissimo

 

 

Probabilmente sarà capitato anche ad ognuno di voi di trovarvi in situazioni emotivamente forti e di esservi detti: "Non riesco a pensare". Ed immagino che in molte altre situazioni di leggera alterazione emotiva vi sarà capitato di aver avuto difficoltà a concentrarvi, o ad essere totalmente razionali; per, magari, poi pentirvi… di esservi lasciati andare, con tutte le conseguenze negative che avreste volentieri evitate.

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Sono esperienze comuni a tutti gli uomini e negli ultimi trent'anni alcune università degli USA ne hanno fatto oggetto di studi scientifici seri ed approfonditi. E questi studi hanno dimostrato come l'incapacità di riconoscere e controllare le alterazioni emotive sia un fattore negativo determinante nella vita delle persone. Ciò riguarda soprattutto i bambini, sia nel momento dello studio che in quelli del gioco e delle altre relazioni sociali e famigliari.

Le emozioni hanno un ruolo importante ai fini della razionalità.

Nel complesso rapporto fra sentimento e pensiero, la facoltà emozionale guida le nostre decisioni momento per momento, in stretta collaborazione con la mente razionale, consentendo il pensiero logico o rendendolo impossibile. Allo stesso modo, il cervello razionale ha un ruolo dominante sulle nostre emozioni, con la sola eccezione di quei momenti in cui le emozioni eludono il controllo e prendono, per così dire, il sopravvento, di prepotenza.

In un certo senso, abbiamo due cervelli, due menti; e due diversi tipi di intelligenza: quella razionale e quella emotiva. Il nostro modo di comportarci nella vita è determinato da entrambe: non dipende solo dal quoziente di intelligenza, ma anche dall'intelligenza emotiva, in assenza della quale l'intelletto non può funzionare al meglio.

Ecco perché ho studiato molto per realizzare un programma che insegni ai bambini quella che sopra ho chiamato intelligenza emotiva, un termine che include l'autocontrollo, l'entusiasmo e la perseveranza, nonché la capacità di automotivarsi. Così essi saranno messi nella condizione per far fruttare qualunque talento intellettuale la genetica abbia dato loro.

Ci sono prove crescenti del fatto che nella vita atteggiamenti fondamentalmente morali derivino anche dalle capacità emozionali elementari. Chi è alla mercé dell'impulso, chi manca di autocontrollo, è affetto da una carenza morale: la capacità di controllare gli impulsi è alla base della volontà e del carattere. Per lo stesso motivo l'altruismo non può prescindere dall'empatia, ossia dalla capacità di leggere le emozioni negli altri. Senza la percezione delle esigenze o della disperazione altrui non può esserci preoccupazione per loro.

Attualmente l'educazione emozionale è lasciata al caso, con risultati spesso disastrosi. Mentre, come ho già detto, l'emozione può rivelarsi un motore potente, capace di dare maggiore efficacia ai nostri sforzi, ad esempio nel trovare la motivazione per insistere e provare -provare ancora- nonostante gli insuccessi o nonostante la cosa non sia gradevole.

Oggi tanti bambini -ed adulti- sono affetti da dissemia, l'incapacità di comprendere i messaggi non verbali, senza che essa venga diagnosticata e quindi curata. E questo li danneggia molto, poiché raramente le emozioni dell'individuo vengono verbalizzate; molto più spesso esse sono espresse attraverso altri segni. La chiave per comprendere i sentimenti altrui sta nella capacità di leggere i messaggi che viaggiano su canali di comunicazione non verbale: il tono di voce, i gesti, l'espressione del volto e simili. Naturalmente con la dissemia non può esservi l'empatia. E questo, è dimostrato, danneggia il rendimento scolastico e le relazioni sociali.

L'empatia si sviluppa sin dai primi giorni di vita di un bambino e dipende soprattutto dal modo in cui i genitori riprendono i figli e dalla "sintonia" fra di loro (bambino-genitori). E una situazione negativa in tal senso si può riparare, a casa ed a scuola.

In aula, se l'insegnante sa stabilire un rapporto di sincronia fra lui e l'alunno, che poi vuol dire una coordinazione degli stati d'animo, versione adulta della importantissima sintonizzazione della madre con il neonato, può migliorare di molto i risultati del suo lavoro. Pertanto noi insegnanti non possiamo più disinteressarci dell'analfabetismo emozionale.

Quante crisi adolescenziali sono determinate anche dall'incapacità di individuare i sentimenti dolorosi e di controllarli, senza cadere nei disturbi alimentari (anoressia e bulimia). Quanti matrimoni vanno a rotoli anche per mancanza di intelligenza emotiva. Ad esempio per la mancanza della capacità di tenere a freno i propri sentimenti negativi o di saper ascoltare l'altro; oltre, soprattutto, opinione personale, alla scarsa percezione della sacralità della relazione e quindi alla mancanza di vero amore e di rispetto. Quante relazioni interpersonali non si sviluppano adeguatamente, o si interrompono bruscamente, o non si realizzano affatto, per analfabetismo emozionale.

Già in passato, senza un progetto organico razionale e conoscenze specifiche approfondite sull'argomento, ho realizzato attività che, me ne rendo conto ora, aiutano lo sviluppo dell'intelligenza emotiva. Ad esempio, il "gioco delle offese", durante il quale un alunno alla volta si mette in piedi davanti ai compagni per mostrare la sua capacità di autocontrollo davanti agli insulti che a turno i compagni gli proferiscono. Oppure l'invitare i due bambini che hanno appena litigato a dire davanti a tutti i compagni se in quel momento provano sensazioni di felicità; e a valutare se hanno agito correttamente per prevenire la lite, che ha portato loro tante spiacevoli conseguenze.

Ma non bastano queste iniziative: serve un corso organico, razionale e ben preparato, da svolgere in ambito scolastico, durante le normali ore di lezione. E del quale sarà parte integrante il ricordare ai genitori che debbono curare la loro intelligenza emotiva, se vogliono dare ai propri figli sin dalla nascita una eccezionale gamma di benefici e vantaggi che interessa tutto lo spettro dell'intelligenza emotiva e si spinge ad interessare tutte le componenti della vita.

Lo ripeto: dati sempre più numerosi dimostrano che il successo scolastico e la successiva vita da adulto dipendono in misura sorprendente dalle caratteristiche emotive formatesi negli anni precedenti all'ingresso del bambino nella scuola e che si può rimediare ad eventuali problemi affrontandoli razionalmente, sia a casa che a scuola, con le competenze necessarie.

Lezioni di intelligenza emotiva si svolgono da parecchi anni in scuole degli USA. Ed esse si fondono con materie quali letteratura, scrittura, scienze, studi sociali, religione. I programmi di arte ed immagine della scuola elementare italiana prevedono esplicitamente lo sviluppo di alcune capacità che costituiscono parte, seppur piccola, del bagaglio di competenze emotive indispensabili per ogni essere umano.

Per risultare più efficaci gli insegnamenti emozionali devono essere legati allo sviluppo del bambino e vanno ripetuti in diverse età in modi adatti alle mutevoli capacità di comprensione del ragazzo e alle nuove sfide che deve affrontare, anche perché allora il cervello li accoglie come percorsi consolidati, come abitudini neurali a cui ricorrere in momenti di costrizione, di frustrazione e di sofferenza.

Il programma funziona al meglio, come già accennato, quando le lezioni a scuola sono coordinate con quello che avviene a casa.

Il programma di alfabetizzazione emozionale dovrebbe comprendere quindi anche corsi speciali per i genitori, per insegnare loro ciò che i figli stanno imparando a scuola. E lo scopo non è soltanto quello di consentire ai papà ed alle mamme di integrare ciò che viene impartito ai ragazzi in aula, ma anche quello di aiutare coloro i quali sentono il bisogno di rapportarsi in maniera più efficace con la vita emotiva dei figli. In tal modo i ragazzi ricevono messaggi coerenti di competenza emozionale in ogni ambito della loro vita.

Queste linee parallele di rafforzamento delle lezioni emozionali -non solo in classe, ma anche sul campo di gioco; non solo a scuola, ma anche a casa- danno risultati ottimali. Si aumenta la probabilità che ciò che i ragazzi imparano nei corsi di alfabetizzazione emozionale non rimanga una semplice esperienza scolastica, ma venga messo alla prova, praticato e affinato nelle sfide reali della vita. E tutto ciò è ormai dimostrato.

Quelli che seguono sono gli obiettivi principali del curriculum della "scienza del sé", il programma per lo sviluppo dell'intelligenza emotiva. Dei tredici obiettivi fondamentali qui ne ho sviluppati, ed in parte, soltanto due.

1-Essere autoconsapevoli: osservare se stessi e riconoscere i propri sentimenti; costruire un vocabolario per i sentimenti; conoscere il rapporto tra pensieri, sentimenti e reazioni (migliorare quindi la capacità di comprendere le cause dei sentimenti e di riconoscere la differenza fra sentimenti ed azioni).

2-Decidere  personalmente: ...

3-Controllare i sentimenti: ...

4-Controllare lo stress: ...

5-Essere empatici: ...

6-Comunicare: ...

7-Essere aperti: ...

8-Essere perspicaci: identificare modelli tipici nella propria vita emotiva e nelle proprie reazioni, valutarli e imparare a migliorarli; riconoscere modelli simili negli altri e valutare quindi conseguentemente i loro comportamenti; migliorare la capacità di assumere il loro punto di vista; migliorare l'empatia e la sensibilità verso i sentimenti degli altri; migliorare la capacità di ascoltarli; aiutarli a migliorarsi, con tatto e delicatezza.

9-Autoaccettarsi: ...

10-Essere personalmente responsabili: ...

11-Essere sicuri di sé: ...

12-Saper entrare nella dinamica di gruppo: ...

13-Saper risolvere i conflitti: ...­

C'è una parola tradizionale per designare quell'insieme di abilità che sono rappresentate dall'intelligenza emotiva: il carattere.

Il carattere, scrive Amitrai Etzioni, teorico sociale della George Washington University, è il "muscolo psicologico richiesto dalla condotta morale". Possiamo sicuramente dire che l'educazione morale diventa molto efficace quando le lezioni vengono impartite non astrattamente, ma in presenza di accadimenti reali: è questo il modo dell'alfabetizzazione emozionale. E l'intelligenza emotiva rafforza il carattere.

La base del carattere è la disciplina; la vita virtuosa si basa sull'autocontrollo, come i filosofi, a partire da Aristotele, hanno sempre osservato. E l'intelligenza emotiva rafforza l'autocontrollo.

Un altro capisaldo del carattere è la capacità di motivare e guidare se stessi in ogni azione, dal fare i compiti, al portare a termine un lavoro, all'alzarsi dal letto al mattino. E l'intelligenza emotiva rafforza la capacità di automotivarsi.

Quella che fino ad oggi è chiamata volontà è un'altra serie di abilità emozionali elementari: la capacità di rinviare la gratificazione, di controllare ed incanalare i propri impulsi ad agire.

Abbiamo bisogno di saper controllare noi stessi, i nostri appetiti e le nostre passioni, per comportarci giustamente verso gli altri, oltre al riconoscerli come nostri fratelli. E l'intelligenza emotiva aiuta molto verso questi obiettivi.

La capacità di accantonare gli impulsi egoistici presenta benefici sociali: apre la strada all'empatia, all'ascolto degli altri, all'assunzione della prospettiva altrui. E l'empatia aiuta ad andare verso la benevolenza, l'altruismo, la compassione. Veder le cose dal punto di vista altrui infrange gli stereotipi ed i pregiudizi e alimenta perciò la tolleranza e l'accettazione delle differenze.

La scuola, insieme alla famiglia, può svolgere un ruolo importante nella maturazione del carattere, inculcando la disciplina e l'empatia, che a loro volta consentono un sincero impegno in difesa dei valori morali e civili.

A questo scopo non basta tenere ai ragazzi lezioni sui valori: hanno bisogno di metterle in pratica, e ciò avviene solo quando riescono a costruire le abilità emozionali e sociali essenziali.

In questo senso, l'alfabetizzazione emozionale va di pari passo con la formazione del carattere, con l'educazione alla crescita morale e con l'educazione civica, obiettivi che la nostra scuola dovrebbe perseguire con determinazione, con uno strumento a mio avviso fondamentale, come il pollice per la mano di un uomo: l'intelligenza emotiva.

Naturalmente non ho la presunzione di pensare di poter rapidamente risolvere tutti i problemi degli alunni, ma di aiutarli sul serio sì; ovviamente con la collaborazione dei genitori e con l'aiuto di uno psicologo. Anche perché mi son reso conto che empiricamente, episodicamente, sto lavorando da molti anni nella giusta direzione.

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