Crepet: “Registro elettronico: una delle cose più abominevoli. Qual è il bisogno il bisogno di sapere dov’è tua figlia alle dieci del mattino?”

FONTE: Orizzonte Scuola

AUTORE: Redazione

DATA: 16 marzo 2024

Crepet: “Abbiamo inventato il registro elettronico che è una delle cose più abominevoli. Qual è il bisogno il bisogno di sapere dov’è tua figlia alle dieci del mattino?”

L’ansia, definita come una sensazione di preoccupazione o di timore eccessivo e persistente, è un disturbo che affligge un numero sempre crescente di persone.

Dietro a questa “grande paura dell’ansia”, come la definisce lo psichiatra Paolo Crepet, in un’intervista a Sky Tg24, si cela un vero e proprio mercato in cui proliferano diverse figure professionali, non tutte necessariamente competenti, che speculano sulla sofferenza altrui.

Un business che ruota attorno all’ansia

“C’è un mercato dell’ansia”, denuncia Crepet, sottolineando come questa dilagante paura generi profitti per molti: “Tanti che vorrebbero interpretarla professionalmente, tante persone che ci guadagnano e basta, tanti psicofarmaci…”. Il rischio è di cadere nelle mani di ciarlatani o di professionisti poco scrupolosi che, invece di fornire un reale aiuto, aggravano la situazione.

L’illusione del controllo nell’era digitale

L’ansia, secondo Crepet, è alimentata anche dalla cultura del controllo tipica della nostra società iperconnessa: “L’idea del controllo è stata intensificata con il digitale. Posso controllare chiunque, geolocalizzare chiunque. Abbiamo inventato il registro elettronico che è una delle cose più abominevoli. Qual è il bisogno il bisogno di sapere dov’è tua figlia alle dieci del mattino? Sarà dove sarà, se non è andata a scuola si sarà presa la sua responsabilità”.

Dall’estrema libertà all’estremo controllo

La generazione di oggi, cresciuta nell’era digitale, oscilla tra due estremi: da un lato l’estrema libertà e autonomia garantita dalla tecnologia, dall’altro l’ossessione del controllo che si traduce in ansia e paura. Un paradosso che genera una profonda insicurezza e una difficoltà a gestire le normali sfide della vita.

L’importanza di un approccio equilibrato

Per fronteggiare l’ansia è fondamentale trovare un equilibrio tra autonomia e responsabilità. I genitori, ad esempio, dovrebbero educare i figli a una sana indipendenza, evitando di controllarli ossessivamente. Allo stesso tempo, è importante imparare a gestire le proprie emozioni in modo sano, attraverso tecniche di rilassamento, attività fisica e, se necessario, il supporto di un professionista qualificato.

Paolo Crepet: “La scuola è fallita. Il 99% degli alunni viene promosso e per i genitori è un diplomificio dove parcheggiare i figli”

FONTE: La Tecnica della Scuola

AUTORE: Redazione

DATA: 31 marzo 2023

In questi giorni si parla molto di disagio giovanile, di problemi psicologici dei ragazzi, di stress della Generazione Z. A dire la sua, facendo un commento molto pungente e, per certi versi, controcorrente, è stato lo psichiatra Paolo Crepet oggi, 31 marzo, intervistato da Radio Cusano Campus all’interno del programma “L’Italia s’è Desta”, come riporta AgenPress.

Fallimento psicologico a causa dei genitori?

“Un dato disarmante quello che riguarda l’onda vasta di malcontento e disagi psicologici tra gli studenti. Personalmente ho sempre avuto un certo timore all’idea che si aprissero questi sportelli di aiuto psicologico negli istituti scolastici. Non so se siano in grado, io penso facciano peggio. Sono scettico sul fatto di considerare tutte le figure coinvolte in grado di evidenziare le reali problematiche che quotidianamente emergono”.

Di fronte all‘alto numero di ragazzi con problemi psicologici Crepet, che mette in evidenza gli sbagli che a suo avviso commettono i genitori in primis, si mostra molto scettico: “Considero questi numeri in percentuale dei ‘falsi positivi’, al primo momento di stanchezza il ragazzo cerca lo psicologo che gli certifichi di essere molto stressato. Il problema degli adolescenti e dei bambini oggi è che hanno dei genitori più giovani, più adolescenti, più paturniati dei propri figli. E per questo motivo siamo di fronte a un vero e proprio ‘marketing della depressione’ che si sviluppa a forza di compatirci”.

Crepet si è poi scagliato contro la Dad, affermando che il disagio dei più giovani è anche conseguenza di come è stata gestita la pandemia: “Io sono stato tra i primi che quando è stata nominata la parola Dad l’ho definita la più grande schifezza che potevamo fare. Bisogna chiudere tutto ma tenere aperte le scuole, almeno parzialmente. Abbiamo detto che andava benissimo fare tutto da casa. Evidentemente è stato un danno, non c’è nulla di peggio di isolare i bambini. E lo abbiamo fatto cocciutamente, due ministri di seguito. Nessuno ha pensato che c’è stato un danno”.

Smettiamola di tutelare i figli nei modi peggiori”

“È necessario considerare una categoria molto vasta, i ragazzi e le ragazze che non hanno voglia di studiare. L’ipotesi che io mi farei da genitore è chiedermi perché mio figlio non studia, prima di decretarne il fallimento psicologico. Io stesso ho ceduto tante volte durante la scuola, ho preso tantissime insufficienze e per fortuna non c’erano gli psicologi. Avevo solo dei genitori che invece che compatirmi mi hanno spronato. Smettiamola di tutelarli nei modi peggiori e di pensare che andare a scuola sia un modo per parcheggiare i figli in un diplomificio”, ha continuato, tirando in ballo la scuola.

“A valle di tutto questo c’è un dato terrificante di cui nessuno si preoccupa, una percentuale altissima, il 99% dei ragazzi che oggi si trovano inseriti in un percorso studi, viene promosso. Basta che si respira si viene promossi. La scuola è fallita. Avete mai visto genitori o ragazzi in sciopero generale contro questo dato evidentemente catastrofico? No perché va bene che quel diploma non conti nulla, perché va bene che metta sullo stesso piano tutti, chi si è sforzato di fare, con chi non ha fatto nulla. Non credo che in questi anni le difficoltà siano aumentate da parte dei professori”.

“Certo che sei più fragile se stai tutto il giorno solo davanti al cellulare. Come si frequentano i ragazzi? Con un emoticon?”, ha aggiunto lo psichiatra.

“Il registro elettronico? Terrificante. I ragazzini non possono più trasgredire. A scuola si trasgredisce: cosa vuol dire, spaccare tutto? No, tentare di prendere sei anche se non hai studiato, è un diritto provarci. Il registro controlla ogni minima mossa. Poi di notte i genitori non sanno dove sono i loro figli”, queste le parole sarcastiche dello psichiatra.

Fuga dal liceo Berchet, ansia e stress negli studenti

Emblematico il caso del liceo classico Berchet di Milano di cui abbiamo parlato: ben 56 studenti hanno lasciato la scuola per trasferirsi altrove. La Repubblica ha condotto un’indagine per capire cosa ci fosse dietro queste decisioni e quale sia il clima che regna nell’istituto.

Dal sondaggio – che chiedeva agli allievi di dare punteggi da uno a cinque su diverse questioni – emerge che oltre la metà di chi ha partecipato (303 allievi) soffre di stress e ansia a causa della scuola, che il 53 per cento sente una forte pressione da parte degli insegnanti e che il 57 per cento non affronta con serenità le prove orali e scritte.

“Ci sono delle difficoltà, per la maggior parte provocate dagli anni di Covid, dal periodo trascorso a casa e dalla didattica a distanza – sottolinea il preside Domenico Guglielmo –. Stiamo cercando di affrontarle con un supporto maggiore di tipo didattico: abbiamo attivato già dall’inizio dell’anno corsi integrativi di italiano e matematica, per rafforzare le basi degli allievi, prevediamo la possibilità di tutoraggio tra pari, quindi con studenti più grandi che affiancano i più piccoli, e, da quest’anno, lo studio assistito con la presenza di un docente”. L’idea è di intervenire sulle competenze dei ragazzi per “cercare di rafforzare la loro fiducia in se stessi”, mettendo poi a disposizione il supporto “di una psicologa presente da tempo a scuola e di un’altra disponibile grazie alle risorse arrivate per far pronte alle conseguenze della pandemia e confermate”.

“Molte criticità erano già presenti prima del Covid, ora stanno venendo alla luce con più forza e non riguardano solo i ragazzi più piccoli – spiega Biancamaria Strano, rappresentante d’istituto e tra i promotori del sondaggio –. C’è un problema, noi lo riconosciamo e vogliamo cercare di cambiare una concezione di scuola sbagliata. A partire dal rapporto tra insegnanti e studenti: chiediamo maggiore sensibilità e attenzione per gli allievi, che non devono sentirsi aggrediti e vedere quindi aumentare i livelli di stress. È importante iniziare un percorso per aprire un dialogo con tutti gli insegnanti. L’obiettivo non è denigrare la scuola, ma far emergere ciò che non funziona e far sì che le cose cambino”.

Mi permetto un commento.

Nell’articolo non vengono individuati alcuni fattori che possono cambiare di molto, a mio avviso, la situazione. Eccoli.

Migliorare di molto la collaborazione scuola-famiglia, che produce effetti sinergici incredibili sulla crescita del ragazzo.

Impegno dei docenti a realizzare una relazione significativa con l’alunno, fatta non solo di insegnamenti ed informazioni, ma di comprensione ed accoglienza, nel dialogo individuale. Non una generica “maggiore sensibilità e attenzione per gli allievi”, come dice la rappresentante d’istituto

Sforzo dei genitori per trovare il tempo di parlare con i figli, tutti i giorni possibilmente. Per conoscerli, quindi capire i loro problemi appena insorgono ed aiutarli.

Bimbi infelici, le scuole insegnino ai genitori come crescere i figli

FONTE: Corriere della Sera

AUTORE: Caterina Belloni

DATA: 25 giugno 2016

In Gran Bretagna un bambino su 10 soffre di disturbi psicologici. L’appello del direttore della Facoltà di Salute Pubblica: «Troppi piccoli ansiosi, anoressici o obesi»

In Gran Bretagna un bambino su dieci soffre di problemi psicologici, dall’ansia all’anoressia o all’obesità. Ad annunciarlo è una ricerca condotta dalla Fph, la Faculty of Public Health, organismo di riferimento per la programmazione degli interventi di salute e benessere cui fanno riferimento oltre tremila professionisti del Regno Unito. Secondo il presidente di Fph John Ashton il problema è grave e per risolverlo occorre intervenire sulla famiglia. Perché i genitori svolgono un ruolo chiave nella prevenzione dei disturbi psicologici e mentali, anche se spesso non se ne rendono conto. Per questo Ashton ha proposto che nelle scuole vengano promosse lezioni per mamme e papà, in modo da prepararli a scoprire i sintomi del disagio e ad intervenire, soli o insieme a degli specialisti, per curare il problema.

A scuola di genitorialità

L’idea delle lezioni per i genitori è stata accolta positivamente dal corpo docente ed è allo studio del governo, anche perché trovare una soluzione ai problemi di carattere psicologico significherebbe risparmiare sulle spese sanitarie, voce sempre in affanno nel bilancio britannico. I problemi mentali e psicologici hanno un peso, anche in termini economici, pari a quello delle malattie fisiche e lasciano spesso segni peggiori. Secondo la ricerca del Fph molti studenti in difficoltà non ricevono abbastanza attenzione da istituzione scolastica e familiari. Come ha dichiarato pubblicamente il professor Ashton «negli ultimi 70 anni si è lavorato molto per far nascere e crescere bambini sani, ma non altrettanto si sta facendo sul fronte psicologico». Al punto che, quando lascia la scuola a sedici anni, il quindici per cento dei ragazzi ha problemi di ansia, stress, disordini alimentari. Insomma, va bene lavorare sul fronte della salute e della prevenzione in chiave fisica, ma non bisogna dimenticarsi che anche la mente deve essere sana.

 

Intervento a tutto tondomedia

Soprattutto i primi mille giorni del bambino hanno un’influenza sul suo benessere, ma spesso ai genitori mancano degli strumenti adeguati per capire come agire per il meglio. Quindi, spazio ai corsi a scuola ma non solo. Secondo il professor Ashton i network e i social media potrebbero diventare uno strumento di diffusione di buone pratiche per la salute dei figli, ma anche la rete di visite mediche promosse nelle scuole, con le infermiere che periodicamente vanno nei diversi istituti per incontrare i ragazzi. Infine la creazione di una linea telefonica di supporto, attiva 24 ore al giorno, sette giorni su sette, viene guardata come un elemento positivo, soprattutto nella fase complicata e delicata dell’adolescenza. Gli specialisti della Fph sono pronti a mettersi in gioco per questo intervento a 360 gradi in favore delle nuove generazioni, che punterà su programmi integrati, da promuovere nelle scuole, negli studi dei medici di famiglia, nei centri sociali di quartiere ma anche nei luoghi di lavoro. Se mamma e papà non possono lasciare l’ufficio per seguire le lezioni a scuola.